domenica 12 febbraio 2012

IL SEGNO GIAPPONESE DELLA NEVE

Aoi Huber-Kono, Era inverno, Edizioni Corraini,
Mantova, 2004 © tutti i diritti riservati
Aoi Huber-Kono nasce a Tokyo nel 1936. A causa della guerra, a otto anni, si trasferisce con la madre e la sorella in un villaggio di pescatori a sud di Tokyo e, dovendo cambiare spesso abitazione, frequenta le scuole in luoghi diversi. Nel 1946 torna suo padre Takashi, che era partito per la guerra come giornalista nel 1941, e finalmente quattro anni dopo tutta la famiglia si trasferisce a Tokyo. Negli anni '50 Takashi Kono inizia la sua attività di grafico indipendente con uno studio in casa; Aoi cresce quindi in un ambiente movimentato e creativo che stimola il suo interesse per la grafica in particolare. Dopo il liceo artistico si diploma all'Università di Arte e Musica di Tokyo. Nel 1960, su consiglio del padre, parte per Stoccolma dove frequenta un corso di perfezionamento di grafica presso la scuola di arti e mestieri. Un anno dopo si trasferisce a Milano dove esegue numerosi disegni e illustrazioni per vari editori collaborando con Max Huber. Nel 1962 Aoi e Max si sposano. Nel 1970 si trasferiscono a Sagno, nel Canton Ticino, in Svizzera. Nel 1976 tiene  la prima mostra personale di pittura e disegni a Zurigo. Seguono diverse mostre personali e collettive, in Svizzera, Italia, Germania, Giappone, Spagna e Polonia. Nello stesso tempo progetta disegni per tessuti, foulard, piastrelle, ceramiche, giocattoli, illustrazioni e tappeti. Aoi vive ancora oggi nel Canton Ticino, a Novazzano, dove continua il percorso artistico nel suo piccolo mondo, tra oriente e occidente con i suoi gatti e l'aiuto dei suoi numerosi amici. I suoi libri, Era inverno (1967) e  Il grande pesce (1968), che uscirono per la Emme edizioni, ora si trovano nel catalogo delle Edizioni Corraini. Non è più edito, invece, Il paese del melograno che uscì nel 1974 per le Edizioni Einaudi.


Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati
Komako Sakai, nasce nel 1966 in Giappone nella provincia di Hyogo. Dopo gli studi artistici alla Tokyo National University of Fine Arts and Music, comincia a disegnare tessuti prima di approdare al mondo dei libri per bambini. È oggi uno degli autori di letteratura per l'infanzia più importanti del suo Paese. Ha ricevuto il Japan Picture Book Award. Per la casa editrice Babalibri ha pubblicato, oltre a Giorno di neve, Nell'erba (2011) con il testo di Yukiko Kato.



Nathaniel Hawthorne/Kiyoko Sakata,
La bambina di neve. Un miracolo infantile,
Topipittori, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati
Nathaniel Hawthorne (1804-1864) è considerato uno dei padri fondatori della letteratura americana. Fra i romanzi e i racconti che scrisse ci sono due volumi dedicati ai ragazzi Il libro delle meraviglie e I Racconti della Casa del Bosco, (entrambi contenuti ne Il libro delle meraviglie, disegni di Walter Crane, Donzelli Editore, 2007) che narrano antichi miti greci.
Kiyoko Sakata è nata a Hiroshima nel 1974. Ha condotto studi di incisione e si è laureata alla TAMA Art University, iniziando da subito a produrre ed esporre in patria opere realizzate a bulino e stampate in calcografia. A partire dal 2004 ha partecipato a numerosi concorsi internazionali, ottenendo importanti riconoscimenti fra i quai la selezione al Bologna Children's Book Fair Illustrators Exhibition, nel 2004, nel 2005 e nel 2006. Le sue incisioni sono state esposte nella mostra “Illustrare Andersen” in occasione delle celebrazioni per il bicentenario della nascita dello scrittore danese. La bambina di neve è il suo primo libro per ragazzi. Vive e lavora a Tokyo.



Il Giappone è storicamente terra di neve, come noi in questi giorni è sotto assedio con precipitazioni arrivate ormai sino ai tre metri. Mentre cercavo informazioni sulle nevicate nipponiche mi sono imbattuta in queste fotografie dell'inverno 2005-2006, anno da record dove la neve in alcune zone raggiunse i 15 metri (avete letto bene), che voglio mostrarvi.

Foto tratta dal sito www.neveforte.it
© tutti i diritti riservati

Foto tratta dal sito www.neveforte.it
© tutti i diritti riservati

Il motivo della mia ricerca è presto detto. Niente di particolarmente originale ma mi chiedevo, sotto l'influenza della straordinarietà di questi giorni, come mai tra le immagini che hanno raccontato meglio l'impalpabile magia di questo evento atmosferico, quelle che mi hanno lasciato un ricordo indelebile, ce ne sono molte nate dalle mani di artisti giapponesi o che derivano dall'influenza delle loro opere.
Forse perché, come pochi altri, nell'incomparabile arte della raffigurazione della metafisica bellezza della natura e del paesaggio, questi artisti hanno saputo riprodurre il senso profondo, o meglio la sacralità, del momento in cui l'uomo e la natura si incontrano fino a fondersi in un dimensione altra e sublime che sovrasta entrambi. 
In quest'ottica, chi si concede il tempo di osservare le loro opere, si trova a vivere un momento di contemplazione estatica, quasi di rivelazione di una qualche verità celata da sedimentazioni e stratificazione di senso che quell'arte, fatta di rigore, precisione e leggerezza, in pochi tratti è in grado di diveltere. 

Un artista sublime, su tutti, in questo senso è Hiroshige Utagawa (Edo, 1797-1858) che immortalò la bellezza del Giappone in 4000 tavole e 120 libri, trasformandola nel simbolo della perfetta unità tra essere e natura.

Hiroshige Utagawa,  Snow at Kameyama,
serie "The 53 Stations of the Tokaido", 1842-1845
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Hiroshige Utagawa, Kasumigaseki in Snow,
serie "36 Views of Toto", 1862
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Hiroshige Utagawa, Ochanomizu in Snow,
serie "Edo Meisho", 1853
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Hiroshige Utagawa,   Snow on Mt. Haruna in Kōzuke Province 8th month,
serie "100 Famous Views of Edo", 1853
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Hiroshige Utagawa, Wada,
serie "The 69 Stations of the Kisokaido", ca. 1840
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Io sono io e le mie circostanze, sosteneva il filosofo José Ortega y Gasset, ed è di fronte alle pagine di questi libri che ritorno al pensiero che il paesaggio, e la sua rappresentazione artistica nei secoli, è inevitabilmente uno degli elementi fondativi dell'immaginario di ogni artista.

Oltre la natura che sta attorno a noi non dobbiamo dimenticare che anche noi siamo natura e quindi anche quello che la nostra mente può produrre viene dalla natura. In natura le piante producono fiori e frutti. L'artista produce immagini dell'arte, l'estetica, la bellezza, forme d'arte visiva. Bruno Munari, a proposito di Aoi Huber-Kono, 1995 © tutti i diritti riservati

Non posso non pensare questo mentre guardo i libri di Aoi Huber-Kono, in particolare il primo dei tre titoli della sua purtroppo ristrettissima produzione, Era inverno. Un libro d'artista magistrale composto da pagine fatte di poesia e sottrazione che regalano l'essenza dell’esperienza sensoriale dell'inverno. All'apertura del libro è la fredda stagione che accoglie il lettore nel silenzioso e immenso biancore del cielo pieno di nuvole, poi in una distesa nevosa gelida e abbagliante.

Nel cielo le nuvole giocano si incontrano e si intrecciano... si fondono si abbracciano... 

... finché all'improvviso cadono tanti fiocchi dal cielo...


Aoi Huber-Kono, Era inverno, Edizioni Corraini,
Mantova, 2004 © tutti i diritti riservati



... nevica sul bosco sugli alberi sulla terra... piano piano tutto si nasconde...


Aoi Huber-Kono, Era inverno, Edizioni Corraini,
Mantova, 2004 © tutti i diritti riservati

... e tutto diventa neve tanta neve bianca...


Aoi Huber-Kono, Era inverno, Edizioni Corraini,
Mantova, 2004 © tutti i diritti riservati

Tutto è fermo, immobile, la vita sembra sospesa nel tempo del percorso dei fiocchi di neve che unisce il cielo alla terra quando, improvvisamente, appaiono due orme sul manto innevato, chi sarà che le ha tracciate? 


... un passero assonnato? un lupo pieno di freddo? un orso curioso?


A orma si aggiunge orma, a vita, ben presto, si affianca altra vita e la coltre bianca diventa il disegno della carta geografica di un nuovo paesaggio animato...


Aoi Huber-Kono, Era inverno, Edizioni Corraini,
Mantova, 2004 © tutti i diritti riservati

... che si riempie dei colori di tutti gli animali che si rincorrono felici...


Aoi Huber-Kono, Era inverno, Edizioni Corraini,
Mantova, 2004 © tutti i diritti riservati


La felicità, nei racconti di neve, soprattutto della letteratura per l'infanzia, è il sentire ultimo dell'essere, dopo lo stupore, il senso di straniamento di fronte al nuovo e all'inatteso e alla potenza della natura.

Il desiderio innato di avventurarsi verso quella possibile e nuova felicità cattura tutti, i bambini per primi. Ma si sa, la natura offre all'uomo l'intensità di un sentire, quello che motiva la possibilità di dilatare l'insufficienza del proprio perimetro, che altro non è se non la chiave per comprendere la complessità di emozioni e sentimenti che alimenta la vita.

Il perfetto racconto di questo intreccio, di questo primigenio alternarsi di sensazioni che devono imparare a convivere in noi, è ciò che ci mostra in parole e immagini Komako Sakai in Giorno di neve, libro semplicemente bellissimo.

La neve, quando decide di farsi dono di grazia, scende di notte. E lo fa spesso, per fortuna. Una volta si percepiva nell'aria l'odore di neve, chi ha imparato a farlo non ha bisogno delle previsioni meteo che tutto svelano. Si addormenta e attende ciò che verrà.
Al risveglio, il mondo imbiancato non è più lo stesso della sera prima. La condizione del pensiero abitudinario si annulla nel riflesso di quello splendore. Finalmente, per un bambino e per il protagonista di questo piccolo prezioso racconto.

«La neve!»
Sono saltato giù dal letto per vestirmi in fretta. «Non puoi uscire», ha detto la mamma, «sta ancora nevicando. Rischi di prenderti un rafreddore.»

Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati

Mentre la mamma era in cucina però, sono uscito sul balcone e ho fatto in fretta una palla di neve.

Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati



Il paesaggio cambia e decide tempi nuovi per viverlo e abitarlo... gli autobus che portano a scuola non partono, il lavoro degli adulti rallenta fino a fermarsi regalando momenti di una festa insperata ai bambini. Ma la neve, la più contraddittoria tra le condizioni atmosferiche, porta con sé anche le preoccupazioni per un papà lontano al quale impedisce il desiderato ritorno a casa.
Nel bianco, allora, le emozioni si intensificano e si complicano, la gioia cede il posto al timore, il candido silenzio della città a un senso di isolamento spaesante che suscita pensieri nuovi.

«Mamma, sembra di essere soli sulla terra.»

Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati



Poi arriva la sera,  è il momento di andare a dormire ma la neve smette di cadere, e sovverte di nuovo il solito tempo...

«Mamma, mamma! Ti prego lasciami uscire...»

Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati

... la neve si concede così finalmente al bambino che saprà trasformarla in un nuovo racconto che conserverà per il resto della sua vita.


Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati

Avevo le mani ghiacciate e mi colava il naso.
«Adesso dobbiamo rientrare», ha detto la mamma.
«Domani giocheremo ancora.»


Komako Sakai, Giorno di neve, Babalibri, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati

Domani giocheremo ancora..., è un promessa a volte troppo lontana per il tempo bambino. L'istante è il momento primo che custodisce e lo definisce, soprattutto quando gioca, quando è immerso in quel momento di vita che lì è la sua piena realtà.


La bambina di neve. Un miracolo infantile è il racconto di Nathaniel Hawthorne, un padre che si fa scrittore, che ha osservato a lungo e si è preso cura dei suoi figli Una e Julian. «Nei suoi taccuini, pagine e pagine in cui annotava pensieri, stati d’animo, descrizioni di paesaggi, storie,  molto spazio è dedicato ai figli. Hawthorne riportava i loro dialoghi, le loro riflessioni, le loro scoperte, le loro domande. Una volta, la moglie di Hawthorne, Sophia, insieme a Una, si allontanò di casa per tre settimane per fare visita ad alcuni parenti. Hawthorne rimase a casa con Julian, che aveva cinque anni. Per tre settimane dovette occuparsi di lui. Di questi venti giorni, che Julian, diventato grande, definì “una serie ininterrotta di giorni beati”, Hawthorne tenne un diario molto affettuoso e divertente (Venti giorni con Julian, Adelphi, 2004). Anche Una, la figlia più grande, vive negli scritti del padre. Su di lei Hawthorne modellò uno dei personaggi più belli che uscirono dalla sua penna: la piccola Pearl, del romanzo La lettera scarlatta, il più famoso di Hawthorne», si legge nella nota posta in calce all'edizione dei Topipittori di La bambina di neve.


La consonanza tra le parole e il pensiero di Hawthorne e le illustrazioni di Kiyoko Sakata è stupefacente. L'uso magistrale del bianco e nero evoca la fedeltà delle fotografie d'epoca che l'artista giapponese ha detto di aver studiato prima di procedere nel suo lavoro. 
La caratterizzazione dei personaggi, degli abiti, degli ambienti ricorda in ogni tratto, le atmosfere della prima metà dell'Ottocento, il periodo in cui fu scritto il racconto. 
Al contempo, il segno di Kiyoko Sakata è un distillato della tradizione iconografica del suo Paese che, sapientemente, lei sa volgere nel codice classico di una narrazione che trascende lo spazio e il tempo.

Un freddo pomeriggio di inverno, con il sole che scintillava nell'aria gelida, dopo una lunga tempesta, due bambini chiesero il permesso alla madre di uscire a giocare nella neve appena caduta. La più grande era una bambina: per la bellezza e il carattere dolce e timido, i suoi genitori e le persone che le conoscevano la chiamavano Violetta; suo fratello, invece, era chiamato Papavero, per il volto tondo e rosso, che faceva pensare al sole e a grandi fiori scarlatti.



Nathaniel Hawthorne/Kiyoko Sakata,
La bambina di neve. Un miracolo infantile,
Topipittori, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati


«Quando leggiamo La bambina di neve, i due protagonisti, Violetta e Papavero ci ricordano i figli di Hawthorne come nei suoi diari li troviamo descritti, per carattere e aspetto fisico. Sono loro, vivaci e intelligenti, che vediamo giocare; loro, pieni di fantasia, capaci di dare vita all’impossibile», continua la nota all'edizione.

"Certo, Violetta. Sì, mio piccolo Papavero" disse la mamma, "Potete uscire a giocare nella neve. "Detto fatto, la donna infagottò i piccoli in giacche di lana, li avvolse nelle mantelline, mise loro una sciarpa al collo, fece calzare a ciascuno un paio di ghette a righe, infilò muffole di lana alle mani e diede un bacio ciascuno: una efficace formula magica per tenere lontano il signor Inverno.
Nathaniel Hawthorne/Kiyoko Sakata,
La bambina di neve. Un miracolo infantile,
Topipittori, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati

E mentre Violetta e Papavero si chiudono la porta di casa alle spalle, noi siamo già con loro nel giardino di casa dove, di lì a poco, tra le righe che scorrono sotto i nostri occhi avverrà uno dei miracoli che solo l'infanzia sa fare.

"Papavero, Papavero!" gridò Violetta al fratello, che si trovava in un altro punto del giardino. "portami un po' di quella neve fresca. Quella lì in fondo, dove non abbiamo ancora camminato. Ci voglio fare il cuore della nostra sorellina di neve. Sai, lì la neve deve essere ancora pura, come quando è appena caduta dal cielo."
Nathaniel Hawthorne/Kiyoko Sakata,
La bambina di neve. Un miracolo infantile,
Topipittori, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati
 

"Mamma! Mamma! Mamma! Guarda! Non stiamo facendo proprio una bella bambina?"
Per un istante, la madre posò il suo lavoro e guardò dalla finestra. Ma il sole - in quello che era uno dei giorni più brevi dell'anno - era già sceso così vicino all'orizzonte che la luce del tramonto le colpì obliquamente gli occhi. Rimase abbacinata: ecco la ragione per cui non poté vedere distintamente cosa vi fosse un giardino. In ogni modo, attraverso la luce scintillante e accecante, riflessa nella neve appena caduta, vide in giardino una piccola figura bianca, che sembrava somigliare proprio a un essere umano.

Nathaniel Hawthorne/Kiyoko Sakata,
La bambina di neve. Un miracolo infantile,
Topipittori, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati

La bambina di neve, da questo momento, diverrà un racconto che misurerà la distanza, meglio le distanze, tra gli adulti e i bambini. Le figure dei suoi protagonisti si trasformeranno in veri e propri exempla del rapporto tra adulti e bambini.
La madre, un insieme di attenzioni e azioni che comprendono appieno la forza dell'immaginazione bambina, aveva il carattere che "mostrava una vena di poesia, un tratto di bellezza immateriale: come un fiore delicato e fresco che fosse sopravvissuto alla giovinezza piena di fantasie e insistesse a esistere in mezzo alla scialba realtà del matrimonio e della maternità".
Il padre, il “buon signor Lindsey”, "un uomo di nobili principi, ma un po' troppo amante delle cose materiali e cocciutamente propenso ad applicare quello che viene chiamato comune buon senso a tutte le cose che lo riguardavano", è colui che senza esitazione alcuna provoca la scomparsa della bambina di neve. 
I bambini, sono la forza visionaria dell'infanzia, una potenza che, in ogni tempo, chiede di essere ascoltata e rispettata.

"Possiamo chiederci perché, sebbene Hawthorne fosse un padre attento e avesse una famiglia felice, La Bambina di neve è una storia che non va a finire bene. Forse Hawthorne sapeva che spesso gli adulti non sono capaci di stare insieme ai bambini, di capirli e ascoltarli. E voleva suggerire qualcosa a coloro che avrebbero letto il racconto. Ai bambini, che con certi adulti è meglio stare in guardia. Agli adulti, che per essere brave madri e bravi padri non è sufficiente provvedere i figli di graziosi e caldi vestiti, di una bella casa e di cibo nutriente. Bisogna anche osservare in silenzio i loro giochi, ascoltare le loro parole con rispetto e attenzione, sforzarsi di conoscerli davvero, mettendo da parte le proprie opinioni e convinzioni. In fondo, Hawthorne ha scritto una storia triste proprio per amore dei bambini. Non solo dei suoi, di tutti", conclude la nota degli editori che è anche la ragione poetica che forse li ha spinti a scegliere questo straordinario racconto.


Nathaniel Hawthorne/Kiyoko Sakata,
La bambina di neve. Un miracolo infantile,
Topipittori, Milano, 2007
© tutti i diritti riservati


I bambini sono molto sensibili a ciò che è elevato o profondo, sia nell'immaginazione sia nel sentimento; a patto, però, che sia ugualmente semplice. A disorientarli è solo quel che è artificiale e artefatto.
Nathaniel Hawthorne, "Prefazione" in Il libro delle meraviglie (1851), Donzelli Editore, 2007, p. 4 © tutti i diritti riservati

Gli artisti giapponesi, questo, lo sanno da sempre.


Le immagini e i testi sono stati pubblicati per gentile concessione di:
per Era inverno © Edizioni Corraini e rispettivi autori;
per Giorno di neve © Babalibri e rispettivi autori;
per La bambina di neve. Un miracolo infantile © Topipittori e rispettivi autori;
per tutti gli altri testi e immagini si faccia riferimento al Copyright indicato sotto ciascuno di essi. 

4 commenti:

  1. Che bell'articolo e che bella idea, Elisabetta!

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    1. Ma grazie Topi!
      La natura, la neve... sono tra i miei primi silent book, mi immergo tra le loro pagine e, ancora oggi, lascio che mi portino lontano. Insomma, roba antica che per me funziona tuttora benissimo. E poi, che dire... i libri belli aiutano...

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  2. Bellissimo articolo che spero leggano in tanti. Del Giappone si sa sempre troppo poco e lo stereotipo ingurgita spesso la sua bellezza. In questo paese che usa il disegno per raccontarsi, l'illustrazione e' in ogni angolo del quotidiano. Persino in una metropoli veloce come Tokyo.

    Un caro saluto da una nuova lettrice, Laura

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  3. Ciao Laura,
    grazie delle tue parole e benvenuta su Gavroche.
    È vero, del Giappone si sa pochissimo e anch'io ho rischiato in questo post a raccontare quello che, secondo me, è uno sguardo inusuale su quella terra, quella grande cultura.
    Tu invece ci abiti, e anche molto di più, e nel tuo blog "Giappone Mon Amour" (http://www.giapponemonamour.com/), che consiglio vivamente di leggere, ne fai un racconto intenso, profondo e davvero utile per chi vuole avvicinarsi a questo Paese di inestimabile valore.
    E, ora, credo che non esiterò a consultarti se avrò occasione di scrivere altre cose...
    Grazie e un caro saluto anche a te,
    Elisabetta

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