martedì 24 dicembre 2013

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 24


O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013
Definito la risposta americana a Guy de Maupassant, O. Henry è il padre del racconto breve americano. Tanto adorato dai suoi lettori quanto spesso stroncato dalla critica, conosciuto nel mondo con lo pseudonimo di O. Henry, William Sydney Porter nacque a Greensboro nel 1862 e morì a New York nel 1910. Agli esordi della sua carriera, per lui la scrittura fu solo un’attività secondaria. Per mantenere la sua giovane famiglia, fece mille lavori: farmacista, disegnatore, cantante di un certo successo, contabile; solo in seguito -incoraggiato dalla moglie - cominciò a collaborare sempre più con il mondo dell’editoria. Abile disegnatore, O. Henry fondò e diresse dal 1894 anche un settimanale umoristico, “The Rolling Stone”, ma le sue vignette risultarono troppo scomode ai potenti e la rivista fu costretta a chiudere ben presto. Chiamato allo “Huston Post”, la sua popolarità di scrittore di racconti, crebbe ancora, tuttavia, una condanna risalente al periodo in cui lavorava in banca, gli costò un soggiorno in carcere, durante il quale però non smise di scrivere. Uscito di prigione, nel 1902 si trasferì a New York dove, nell’arco di pochissimo tempo, scrisse per quotidiani e settimanali quasi quattrocento racconti. I suoi numerosissimi lettori ne adoravano l’umorismo, l’ironia, i personaggi presi dalla strada, il gusto per i finali a sorpresa. Sebbene O. Henry fosse acuto e sobrio osservatore e narratore della realtà del suo tempo, e avesse fatto del racconto la sua cifra letteraria, diventando uno dei massimi esponenti di questo genere letterario, finì i suoi giorni a soli 48 anni, sconfitto da problemi finanziari e dall’alcolismo. A lui è intitolato un importante premio letterario statunitense, dedicato al racconto breve, che ha visto vincitori scrittori del calibro di Faulkner, Capote, King. Di O. Henry sono state pubblicate dieci raccolte di racconti, la prima delle quali fu Cabbages And Kings (1904). All’interno della raccolta Four Million, si trovano due dei racconti che più l’hanno reso famoso: The Furnished Room The Gift of the Magi pubblicato da orecchio acerbo con le illustrazioni di Ofra Amit (2013). 

Colori retrò e molto caldi, come il sole di Tel Aviv. Cappucci rossi lunghissimi, capelli oceanici, gemelli siamesi che masticano Big Babol. Collage, pattern e materiali mescolati sapientemente ai disegni in acrilico su carta o tela. È così che Ofra Amit lavora e vive in Israele. Divide la sua attività fra i libri per ragazzi, le immagini per il teatro e le illustrazioni per varie riviste e quotidiani. Per il suo lavoro ha avuto diversi riconoscimenti da Communication Arts, Applied Arts, The Society of Illustrators. Nel 2010 ha ottenuto la Gold Medal for Children's Books Illustration attribuita dall’Israel Museum. Con orecchio acerbo, oltre a Il dono dei magi, ha pubblicato anche Bruno. Il bambino che imparò a volare con il testo di Nadia Terranova (2012, qui in Gavroche). 

Furio Scarpelli/Giacomo Scarpelli,
Opopomoz,
Gallucci Editore, Roma, 2013

Furio Scarpelli (Roma 1919-2010), oltre a essere stato uno dei più grandi sceneggiatori italiani, è stato anche disegnatore, giornalista, e scrittore. 
Figlio di Filiberto Scarpelli, fondatore del giornale umoristico Il Travaso delle idee e illustratore, affina nel tempo il proprio talento per il disegno e la scrittura satirica, iniziando, già prima della guerra, a lavorare per alcune riviste umoristiche.
Fondatore con Michele Majorana e Italo De Tuddo del giornale anticlericale Don Basilio, lavora per diverse testate di satira, tra cui il Marc'Aurelio fucina di futuri talenti cinematografici, da Federico Fellini a Ettore Scola, da Bernardino Zapponi a Sandro Continenza, da Cesare Zavattini a Mario Camerini. I più anziani Vittorio Metz e Marcello Marchesi lo cooptano insieme ad Agenore Incrocci (Age) nella stesura avventurosa di copioni per Totò. La coppia storica Age & Scarpell, opera con inesorabile vena nel filone di quella che sarà denominata la Commedia all'italiana, scrivendo storie, sceneggiature e dialoghi non solo delle pellicole più significative di Monicelli (La Grande Guerra, 1959; Il medico e lo stregone, 1957; I compagni, 1963; Brancaleone alle crociate, 1970; Risate di gioia, 1960; Vogliamo i colonnelli, 1973; Romanzo popolare, 1974) ma anche di quelle dei maggiori registi del genere: da Pietro Germi (Sedotta e abbandonata, 1964; Signore & signori, 1966) a Dino Risi (La marcia su Roma, 1962; I mostri, 1963; Il tigre, 1967; Straziami, ma di baci saziami, 1968; In nome del popolo italiano, 1971) da Luigi Comencini (Tutti a casa, 1960; A cavallo della tigre, 1961; Il commissario, 1962; La donna della domenica, 1975) a Ettore Scola (Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca,1970; Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?, 1968; C'eravamo tanto amati (film), 1974; La terrazza,1980). Accanto a queste figurano ancora collaborazioni di rilievo, con Eduardo De Filippo, Mario Soldati, Antonio Pietrangeli, Nanni Loy, Guy Hamilton, Sergio Leone per il classico Il buono, il brutto, il cattivo e Alfred Hitchcock, per un film intitolato Le cinque R poi non realizzato.
Una volta cessato il sodalizio con Age (poi ripreso nel 1996), Scarpelli proseguì l’attività autonomamente e scrive alcuni dei migliori copioni per Ettore Scola (Ballando ballando, 1983; Maccheroni, 1985; La famiglia, 1987; Il viaggio di Capitan Fracassa,1990; La cena, 1998; Concorrenza sleale, 2001) e anche per Giuliano Montaldo (Tempo di uccidere, 1989) Carlo Lizzani (Celluloide, 1996). Con la sceneggiatura de Il postino (1994), scritta insieme al figlio Giacomo che collaborerà con lui per vent’anni, si aggiudica la terza candidatura all’Oscar. Negli ultimi anni si era andato riavvicinando alla passione e alla professione degli inizi della carriera: l’illustrazione e la narrativa per ragazzi. Il suo romanzo Opopomoz (1994). Scrisse inoltre il poema scherzoso in versi L’Armata Brancaleone ispirato al film di cui è autore con Age e Monicelli. Nel 2005 Gallucci ha pubblicato l'albo L'armata Brancaleone (con CD e illustrazioni di Emanuele Luzzati) e nel 2012 ha ripubblicato Brancaleone  e  il suo romanzo per ragazzi postumo, scritto con il figlio Giacomo Scarpelli e illustrato interamente dallo stesso autore. Il titolo è Estella e Jim nella meravigliosa Isola del Tesoro che, nel 2013, ha vinto il Primo Premio (sezione Scuole Elementari) della trentaquattresima edizione del Premio Cento. 


C'era una cosa che succedeva a casa mia, una sorta di rito che avveniva il tardo pomeriggio o la sera della vigilia di Natale, ed era quello di preparare l'attesa anche con un racconto a tema, compito che spettava ai nonni o a mia sorella.
A dire il vero, i racconti cominciavano prima, si mescolavano agli altri per tutto il mese di dicembre, chissà, forse l'Avvento dei libri viene da lì...
Così, ogni anno, cerco qualche storia nuova che non conosco, ce ne sono più di quante possiamo immaginare, oppure qualcun'altra che nel frattempo ho dimenticato.

Questo è stato l'anno dei ritrovamenti.
Il primo, il più lontano, è Il dono dei Magi di O. Henry qui vestito di nuove suggestioni date dalle illustrazioni di Ofra Amit.

O. Henry, è di sicuro uno scrittore particolare.
La sua non è una prosa sopraffina, ma quando inizi a leggerlo, provatevi con i suoi racconti "perfetti" e poi ditemi se non è capita anche a voi, non riesci a fermarti, il che fa di lui, a suo modo, un maestro di stile.
È vero che è considerato il padre del racconto breve americano, ma lo è soprattutto per ciò che di quel Paese è riuscito perfettamente a mettere a fuoco in poche righe, i pregi e le contraddizioni di quella America cara anche a Chaplin e Buster Keaton e, quindi, a narrare con un punto di vista preciso,  che è spesso quello privilegiato dell'umanità che vive ai margini e che la forza di sopravvivenza e di riscatto la può trovare soltanto dentro se stessa, la storia di un Paese.

Lo fa anche in questo racconto, uno dei più famosi, dove fa arrivare Natale nella casa di due giovani sposi in un momento di difficoltà economica, il che se lo rende sempre vero per qualcuno, oggi  è un racconto possibile purtroppo per molti di noi.




UN DOLLARO
e OTTANTASETTE CENTESIMI

Era tutto.
E sessanta centesimi era in pennies.

Pennies risparmiati uno o due alla volta,
contendendoli al droghiere e al fruttivendolo e al macellaio,
finché, difronte alla loro muta accusa di avarizia,
le guance bruciavano per la vergogna.

Tre volte Della li contò.
Un dollaro e ottantasette centesimi.

E l'indomani era Natale.


La casa è quella di Mr e Mrs Dilligham Young, dove regna la cupa preoccupazione, dal giorno in cui James, Mr Dilligham, non ha più guadagno trenta ma venti dollari la settimana.
Se i soldi sono calati, la stessa sorte non è capitata all'amore che i coniugi provano l'uno per l'altra.
Per quanto Della abbia tentato di risparmiare per fare un regalo che  possa essere all'altezza di quella persona speciale che è Jim, non è riuscita a mettere da parte che qualche spicciolo.

La vigilia di Natale, è l'ultimo giorno utile per trovare un regalo, ma la piccola somma messa da parte non concede spazio al desiderio che Della aveva in mente per il suo regalo.


O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013


Dopo un primo momento di scoramento, al dono - una catenella di platino per l’orologio da tasca dal quale Jim mai si separerebbe - Della non vuole rinunciare. E così decide di vendere i lunghi capelli, suo orgoglio e unico patrimonio.


O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013


Poi attende titubante l’arrivo di Jim. Teme di non piacergli coi capelli corti. La porta si apre, lui entra e la fissa, sconcertato. Sguardi silenziosi, parole interrogative e imbarazzate. 


O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013



Per spiegare il suo stupore, Jim invita Della ad aprire il pacchetto che le ha portato... All’interno la parure di pettini che lei sogna da sempre.



O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013



Poi Della si riprende e, felice e orgogliosa, porge a Jim il suo di regalo, la catenella per l’orologio. Quell’orologio che Jim ha venduto per poter comprare i pettini. Due rinunce, due doni. Per sé, per l’altro.




O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013


Il racconto di O. Henry, come vi scrivevo, è un classico che, nelle difficoltà economiche di questi anni che ci stanno mettendo a dura prova, assume di nuovo significati condivisi e pregnanti per ciascuno di noi.

Il libro diviene così, grazie anche all'interpretazione che ne ha fatto Ofra Amit che, del Natale, oltre i colori e le delicate atmosfere, ha saputo cogliere la purezza e la grazia, un regalo pieno di senso, un dono che ci fa sentire meno soli e più forti, che ci aiuta a comprendere e a dire il significato dei gesti e dell'attenzione verso l'altro, segni di quell'amore di cui il Natale è portatore.

Un regalo che ci aiuta a dire che vorremmo potere fare di più, ma che è anche vero che non è il valore economico del dono la misura che dobbiamo avere nel dimostrare  i nostri sentimenti per chi ci è vicino.
Il bello di questo racconto, poi, a mio parere è che se da un lato può essere letto come una risposta, un'alternativa, a una società consumistica che ha inglobato ogni cosa, e che esprime pienamente il pensiero e la critica del suo autore verso una deriva degli usi e dei costui, dell'etica e della morale del suo Paese che poi è divenuto quello di tutto noi, dall'altro può essere visto come una valore a cui appellarsi per chi ha perso molto e poco ha, che di quei discorsi sulla società consumistica non sa che farsene, ma vorrebbe solo poter mettere sotto l'albero un pensiero, un piccolo pacco che possa vibrare sotto le luci del Natale, per dire a chi ama quanto sia importante per la sua vita.


O. Henry/Ofra Amit,
Il dono dei magi,
traduzione di orecchio acerbo,
orecchio acerbo,  Roma, 2013


Il secondo, dei libri ritrovati sullo scaffale di questo Natale, è Opopomoz di Furio Scarpelli che quando usci, nel 1994, gli valse il Premio Elsa Morante.
Molti conoscono il film d'animazione di Enzo D'Alò uscito nelle sale nel 2004, ma chissà quanti poi hanno letto il libro. Questa è una buona occasione per farlo, e per la prima volta con i disegni originali di Furio Scarpelli.

Il racconto è ambientato a Napoli, nel pieno della nostra tradizione, ma non si ferma lì, anzi Scarpelli, nel suo impareggiabile stile, lo porta lontano, e il Natale nelle sue mani diviene protagonista e pretesto per raccontare altro.

Per esempio, delle preoccupazioni, delle paure di un bambino di nove anni, Rocco, che si trova ad attendere, l'arrivo di un fratellino, Franceschiello, non un nome scelto a caso quando si parla di presepio.
La famiglia La Rosa invece è tutta pronta e in trepidazione per la sua nascita, prevista per il 25 dicembre, incurante di Rocco, al quale l'idea che in casa ci sia qualcuno più piccolo di lui non piace per niente.

Parla, questo libro che inizia dalla fine dell'avventura, del rapporto tra Rocco e la sua cuginetta Sara, che di anni ne ha sei e come lui, ma al piano di sopra, abita al numero 18 di via Basilio Cardoni e poi di come Sara, di ciò che successe la notte del 24 dicembre non voglia parlare, ritenendo ciò che è accaduto solo un sogno, uno uguale fatto da due persone diverse, lei e Rocco, ma un sogno. 


ROCCO E SARA

Furio Scarpelli/Giacomo Scarpelli,
Opopomoz,
Gallucci Editore, Roma, 2013


Intanto, l'Angelo Caduto (rappresentazione "giocosa" di Satana) ha macchinato un piano per sconfiggere il Bene una volta per tutte, così decide di andare in aiuto di Rocco, approfittando del sentimento di gelosia che egli prova per l'arrivo del fratello, per impedire la nascita di Gesù, e invia tre suoi emissari, i tre diavoli, che per fortuna si riveleranno incapaci e ridicoli, Astarotte, Farfaricchio e Scarapino. 


Rocco e il papà Peppino, lasciati nella Salumeria Pezzullo la mamma col pancione, 
gli zii e la cuginetta, stavano entrando nella bottega lì accanto, 
quella del signor Vincenzo Pacebene che vende pupazzi da presepio, 
per acquistare un bue di coccio formato 26...

Maligni, sguaiati e sgradevoli erano i tre esserastri lassù in cima, 
eppure dotati di alcune prodigiose facoltà che purtroppo le persone perbene non posseggono. Intanto vedevano a chilometri di distanza anche al di là di muri e pareti e, all'occorrenza volavano, sia pure scomposamente. Dunque Astrotte, Scarapino e Farfaricchio, dalla gelida vetta del Vesuvio, vedevano distintamente 
che cosa stesse facendo Rocco in quel momento in città.
Furio Scarpelliop. cit., 2013, p. 18.

Furio Scarpelli/Giacomo Scarpelli,
Opopomoz,
Gallucci Editore, Roma, 2013

I tre diavoli, dunque, suggeriscono all'ingenuo Rocco, che impedire la nascita di Gesù bambino impedirà anche la nascita di Franceschiello, e fanno in modo che il bambino possa entrare nel presepe ed impedire a Giuseppe e Maria di arrivare a Betlemme. La formula che Rocco deve pronunciare per poter entrare nel presepe è - Opopomoz.

Inseguito dalla cuginetta, Rocco si ritroverà catapultato dentro il presepio e, grazie a quel viaggio fantastico, riuscirà a sconfiggere le proprie paure, capirà l'errore e salverà il Natale.


Furio Scarpelli/Giacomo Scarpelli,
Opopomoz,
Gallucci Editore, Roma, 2013


Quando uno deve scrivere, cominciare è la cosa più difficile. 
Qualche libro comincia con delle considerazioni, ci provo anch'io. Tutte le persone si interessano di quello che fanno gli altri e però non di quello che gli altri pensano. 
Chi scrive invece deve raccontare prima quello che gli altri pensano e poi quello che fanno, che è una conseguenza di quello che pensano.
Se il mio papà e la mia mamma si fossero interessati alle stupidaggini che pensavo,
sai quanto era meglio, invece papà si crede di essere un buon genitore
soltanto perché mi vuole bene e fa il presepio, e mamma idem
perché mi vuole bene, cucina e mi aiuta a fare i compiti, 
per non parlare di me che non si sa come mi è potuto venire in mente 
che papà e mamma avevano smesso di voler bene a un figlio 
perché ne stava per nascere un altro, qui vedo che ho scritto un periodo troppo lungo,
e mi ricordo quello che mi diceva la mia maestra Luisella Puoti: 
chi apre il periodo lo chiuda, perciò qui lo chiudo.
Furio Scarpelli, op. cit., 2013, p. 116.



Furio Scarpelli/Giacomo Scarpelli,
Opopomoz,
Gallucci Editore, Roma, 2013

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