giovedì 24 luglio 2014

I GIARDINI DI VIRGINIA WOOLF... DI VANESSA E DI VITA

Oggi vi parlo di alcuni libri (e qualcosa di più...) che, è possibile, diversi di voi possono conoscere già.

Gli ho scelti per tre motivi, almeno, che qui cercherò di dirvi, non certo in ordine di importanza.

Il primo, si riferisce a un'abitudine acquisita da bambina, che credo di condividere con tanti lettori, e cioè che i libri che scelgo hanno molto a che fare con le stagioni, e l'estate, per una come me che considera ancora settembre l'inizio dell'anno, è quella che più di altre mi offre il tempo per immergermi in letture germinali, quelle che mi offriranno lunga compagnia, quindi possibilità, scoperte, riferimenti, curiosità da cercare di lì a poco o per il resto dell'anno.

Il secondo, è che ogni estate leggo o rileggo qualcosa di Virginia Woolf. Quest'anno è toccato a The London Scene (Six essays in London life), nella bella edizione pubblicata da Dount Books, che mi è stato regalata, nella libreria di Marylebone, lo scorso gennaio e tra poco toccherà a Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura uscito pochi giorni fa per Minimum Fax (a cura di Federico Sabatini).

Il terzo è, in realtà, una convinzione che nasce dalla combinazione dei primi due motivi,  ovvero che l'infanzia sta alla lettura come l'estate e che sia il principio di un cammino principalmente già tracciato da altri, nei più significativi dei quali noi percepiamo i tratti di quella rara perfetta congiunzione tra l'essere e il vivere, il più grande dei doni, che è una vita compiuta.
Cerco di dire meglio. L'infanzia è per definizione la stagione della vita in cui le letture, tutte, sono germinali, destinate cioè alla produzione e riproduzione di ciò che abbiamo trovato lì, per somiglianza o per differenza, per continuità o abbandono, per piacere o fastidio, per adesione o contrarietà, per conferma o scoperta, per emersione o risacca.
Tutto inizia in quel preciso perimetro, in misura diversa e singolare per ognuno. 
Perché allora non uscire dal seminato e non condividere con una bambina o un bambino  un racconto in grado di regalare loro la prima conoscenza di una figura che potrà farli innamorare per molto tempo? Ecco, il racconto di una vita compiuta?

Mi ricordo che a me successe, prima con Emily Dickinson (provate per credere!) poi solo dopo, proprio con Virginia, tanto che quando mi trovo a pensare a un certo modo di stare al mondo in cui lo scrivere e il vivere sono indistricabili, non riesco a vedere l'una senza accanto l'altra. Sarebbe interessante capire come due figure così complesse riescano ad affascinare profondamente le bambine, onestamente più dei bambini e, ancor più ovviamente, nei loro primi più facili sensi e significati, quelli rintracciabili nelle loro inusuali biografie.

Per sfatare ogni mito sull'infanzia prodigiosa, cosa che detesto profondamente, vi dirò che sono stati semplicemente due telefilm degli anni Settanta a farmi incontrare Emily e Virginia: il primo, l'ho cercato e ricercato in internet senza risultati, raccontava la storia di una classica famiglia americana dove la bambina più piccola, che amava leggere e scrivere, aveva una vera passione per Emily; per quanto riguarda l'incontro con Virginia, lo devo invece a "Otto bastano", serie meglio conosciuta come "La famiglia Bradford" ("Eight is enough", USA 1977). Così, per dire.

Qui vi racconterò di Virginia e di giardini.
In un'altra occasione, potrei farlo di Emily e il suo superbo Herbarium (Elliot Edizioni, 2007).
Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014
KYO MACLEAR è scrittrice e saggista. Nata in Inghilterra, ha la mamma giapponese, vive a Toronto con il marito musicista, due figli piccoli e un gatto. Autrice di romanzi per adulti, ha pubblicato altri due libri per ragazzi (Spork e Mr. Flux) che, oltre alle menzioni speciali, hanno vinto l’IBBY nella sezione Libri per ragazzi con disabilità.

ISABELLE ARSENAULT vive a Montréal con la sua famiglia. Ha studiato Grafica e Belle Arti all’Università del Québec specializzandosi in illustrazione. Il suo libro Migrant (con testo di Maxine Trottier, Grondwoods, 2011) è stato scelto dal “New York Times” come uno dei migliori 10 album illustrati del 2011. Nel 2012, ha ricevuto il suo secondo "Governor General's Award" per le illustrazioni di Virginia Wolf e il premio  "Le Prix jeunesse des libraires du Québec" per Fourchon, la versione francese di Spork  (con testo di Kyo Maclear, Kids Can Pr, 2010). Tra i suoi ultimi libri, la bellissima graphic novel Jane la volpe e io (con testo di Fanny Britt, Mondadori, 2014) e Once upon a northern night (con testo di Jean E. Pendizidol, Groundwood books, 2013). A ottobre uscirà Alpha, il suo abc per la canadese la Pastèque. Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro è stato il vincitore del "White Raven Award" di Monaco di Baviera nel 2013.

Quando, il 25 febbraio del 1895, nasce Adeline Virginia, Vanessa ha quasi tre anni e, insieme, sono la metà dei quattro fratelli della complicata famiglia Stephen (in realtà sette, se si contano George, Gerald e Stella, figli di un primo matrimonio). Quel giorno segna l'inizio di un rapporto intimo che legherà indissolubilmente le due sorelle fino alla morte di Virginia, avvenuta il 28 marzo del 1941 (Vanessa morirà il 2 aprile di vent'anni dopo).


La storia della famiglia Stephen è segnata da tragici lutti tanto che questa continua linea di dolore lascerà tracce profondamente nell'esistenza di Virginia. 

La morte della madre nel 1895, poi di Stella nel 1897 e infine del padre Leslie nel 1904, costringeranno Vanessa, Thoby, Virginia e Adrian a lasciare la casa di Hyde Park Gate per trasferirsi al 46 di Gordon Square dove Thoby darà inizio alle serate che segneranno la nascita dello storico Bloomsbury Group (ma anche lui morirà giovanissimo, nel 1906).

Vanessa sarà per tutta la vita una figura materna per Virginia e, al contempo, un specchio fedele in cui riflettersi e con cui confrontarsi: «Virginia non amava soltanto la sorella, ma, si direbbe, amava il rapporto d'affetto che c'era tra loro. Per la sorella maggiore le apparenze furono sempre la cosa più seducente del mondo o, almeno quando dava il suo affetto, questo affetto doveva esternarsi a lei in forma visibile. Per la sorella minore, la cosa più bella dell'amore fraterno era semplicemente l'intima comunione con un altro essere, il partecipare dell'altrui personalità. Fin dall'inizio, fu concordato tra loro che Vanessa doveva diventare pittrice e Virginia scrittrice», scrive Quentin Bell nella biografia Virginia Woolf (traduzione Marco Papi, Aldo Garzanti Editore, 1974).


                                              Warboys, Huntingdonshire, estate 1899

«D'estate, pochi mesi dopo la morte della mamma, anche Virginia si è ammalata. Nessuno sa dire che cos'abbia avuto; lei stessa ha faticato a spiegarlo al dottor Seaton. È che le batteva forte il cuore, se lo sentiva salire in gola fino a soffocarla; e non aveva più voglia di stare con gli altri, non sopportava nessuno. Certi giorni le sembrava di non volere niente. Stava a letto, il viso rivolto verso la parete, a guardare il bianco del gesso che si scrosta, gli impercettibili graffiti del tempo, cercando di decifrare quel codice, come se dovesse dirle qualcosa. Ma non c'era niente da capire, il muro non aveva messaggi per lei. Meglio dormire, allora. E Virginia ha dormito sonni senza sogni, a occhi aperti. Un fantasma. [...] 
Poi è passata, per fortuna. Tutti hanno fatto finta di dimenticare. Ma quando Virginia si fa più pensosa, quando passa ore senza dire una parola, quando guarda fuori dalla finestra e si capisce che non mette a fuoco nulla, Vanessa ha paura per lei. Ha capito che la malattia di Gin non si cura con le medicine e il movimento, non è un equilibrio di umori sottosopra, che si rimette a posto per via chimica. E se non c'è ricetta che valga, potrà far qualcosa l'amore di una sorella, seppur incondizionato?» [...]
Beatrice Masini, Per amore delle parole. Vita e passioni di Virginia Woolf, ill. Emiliano Ponzi, Edizioni EL, collana "Sirene", 2005.


C'è una particolare consonanza tra il libro che Beatrice Masini, alcuni anni fa, dedicò alla figura di Virginia Woolf e l'albo Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro (che si potrebbe considerare a tutti gli effetti un prequel di Per amore delle parole), quindi è una benedizione che sia stata lei a tradurlo. 
Per prima cosa, il mostrare che una scelta editoriale caratterizzata da intelligenza e coraggio è ancora possibile, se non dovuta, quando si parla di letteratura rivolta all'infanzia. Possibile, molto faticosa indubbiamente, e anche capace di qualificare cataloghi editoriali se perseguita nel tempo.
E, non secondariamente, che quando si parla di questo tipo di editoria, tutto dipende dagli autori, da quanto le loro capacità narrative siano in grado di raccontare ai bambini storie che trattano di temi ritenuti, a torto, indicibili. Una sfida vinta per entrambi i titoli, dove la poesia e il rigore intellettuale, il dialogo tra parole e figure, la determinazione nel dire e l'evocazione del non detto, accendono nel lettore nuovi pensieri, inaspettate riflessioni e molti desideri, tra questi quello di saperne di più e, insieme, quello di poter vedere i due volumi,  stretti uno al fianco dell'altro, in un'ideale biblioteca dell'infanzia (è un vero peccato vedere sparire la collana "Sirene").

Il racconto di Kyo Maclear e Isabelle Arsenault, una dei più interessanti talenti dell'illustrazione di oggi, è quello di due bambine che sappiamo noi diventeranno famose, appunto Vanessa Bell e Virginia Woolf, e del significato profondo delle "sorellanza", quel miracolo capace di portare l'esistenza, i suoi momenti luminosi e oscuri, in un'altra dimensione, segreta ma visibile agli occhi degli altri, impalpabile eppure concretamente vitale, sempre complice anche nei conflitti. Una dimensione, una condizione, quando decise, vere una volta per sempre, che non assomigliano a nessun'altra forma di legame o affetto. Un luogo esclusivo, per il quale esistono solo due chiavi di accesso, qui fatto di parole e di silenzi e di un amore per l'arte che prende corpo in immaginifici e visionari giardini.



Un giorno mia sorella Virginia
si è svegliata che aveva un lupo dentro.
Faceva versi da lupo
e si comportava in modo strano...



Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014



È un brutto giorno, forse il primo di quelli in cui Virginia si sveglierà male per il resto della sua vita, in cui neanche le parole riescono a soccorrerla, lasciando il posto a strani versi: vuole solo stare in camera sua, niente le interessa, tutto è "troppo" e nessuno può farla stare meglio. Urla, con una voce strana che ricorda l’ululato di un lupo. Ulula il dolore di un male che la opprime, e che ancora non sa ancora nominare, la depressione. Vanessa è al suo fianco, non intenda lasciarla sola in quella terra che per la prima volta le è preclusa ma di cui intuitivamente percepisce il pericoloso abisso «Ti prego, Virginia.», «Di' qualcosa.»



"Se potessi volare andrei in un posto perfetto. 
Un posto pieno di dolcetti glassati e di bei fiori e alberi da arrampicarcisi sopra. E niente niente malinconia.""Dov'è questo posto?" ho chiesto io.Lei ci ha pensato un momento e ha detto. "A Bloomsberry, naturalmente"


Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014



Vanessa le chiede se sa dove sia questo "Bloomsberry", ma niente. 
Prova a cercare sull'atlante, non lo trova.
Allora fa quello che sa fare: prende i pennelli, dipinge una parete di fiori e poi un’altra e poi un’altra ancora, trasformando la stanza della sorella in un giardino bellissimo con tanto di scala che arriva fino alla finestra “così chi era giù poteva andare su". Una scala, che possa allontanare la sorella dal precipizio dell'abisso e mostrarle, forse, quanto potrà essere alta quella visione dell'esistenza che solo lei, un giorno, saprà leggere e scrivere.



Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014


Un giardino, un luogo perfetto, che lei e Virginia possono di nuovo abitare insieme.



Kyo Maclear/Isabelle Arsenault,
Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro,
traduzione Beatrice Masini,
Rizzoli, Milano, 2014


Un altro giardino sarà il luogo dove Virginia, molti anni più tardi, nel dicembre del 1922, farà uno degli incontri più significativi della sua vita. Le sue chiavi di accesso saranno sempre solo due, ma questa volta di Virginia e Vita Sackville-West.


«All about her is savage, patrician»
(le parole di Virginia per descrivere Vita)


« [...] Ma ci sono cose che non cambiano. Anche nei momenti di gioia che seguono al successo, [...] Virginia continua a vivere una vita anfibia, dentro e fuori dal letto. Il letto diventa l'unica maniera per sopire le conseguenze dei terribili mal di testa che la affliggono. Con l'emicrania arrivano i diavoli, le voci. La sensazione di essere privata di sé, espropriata, rapinata della propria libertà.
Ancora le amiche. Vita Sackville-West è la moglie di un diplomatico Harold Nicolson, e discende da una famiglia di antica nobiltà. È bellissima, eccentrica, colta, appassionata, curiosa. Quando appare sullo sfondo della sua residenza di campagna, Knole, è come una visione: si presenta circondata dai figli, bambini bellissimi, e da una muta di cani, come una dea cacciatrice con i suoi amorini.


Vita Sackville-West


Nutre una passione vera e autentica per i fiori e le piante; lasciata Knole, nel 1930 comprerà insieme al marito il castello e la tenuta di Sissinghurst, che diventa un progetto traboccante di passione: una serie di giardini incantevoli, un rigoglio di essenze rare e di comuni, sfolgoranti rose inglesi. Questa donna, che ha la passione per le azalee, che si perde a contemplare piogge di petali dai rami che il vento di primavera spettina senza pietà, in città ha il fascino levigato e scintillante delle pietre preziose che indossa a profusione sopra i vestiti di stravagante eleganza: il verde degli smeraldi, il pallore delicato dei chicchi di perle che scendono a fili e fili dal suo collo. È più giovane di Virginia; più temeraria. Dice di amarla, e Virginia, che è più ritrosa e meno ardente per natura, fa per sottrarsi a questa marea di passione che le avanza contro, la circonda, la assedia. Sono molto legate per anni; passano molto tempo insieme; si scrivono lettere intensissime, argute, divertenti, pungenti. Leonard sembra capire anche questa necessità di Virginia, tra le tante, e la lascia libera. Sa che tornerà da lui, sempre.
E siccome i ragazzi di Bloomsbury non hanno mai avuto pregiudizi, non si sono mai negati le esperienze più estreme, anche un amore al femminile ha senso, a condizione che sia amore. Nessuno si scandalizza, nessuno si truba. Tutto, purché Virginia sia felice. Sarà mail felice lei? Chi lo sa.
[...] A Vita è dedicato Orlando, il romanzo che Virginia pubblicherà nell'ottobre del 1928. Parla di un personaggio affascinante che attraversa le epoche della storia mutando da uomo a donna: perché non è importante che cosa si è, ma come lo si è». [...]
Beatrice Masini, Per amore delle parole. Vita e passioni di Virginia Woolf, ill. Emiliano Ponzi, Edizioni EL, collana "Sirene", 2005.


Virginia Woolf e Vita Sackville-West
Nell'ottobre del 1928, all'uscita di Orlando, Virginia, accompagnata da Vanessa e Vita, tiene una serie di conferenze nei collegi femminili di Cambridge. Due di questi saggi, accolti entusiasticamente, diventeranno di lì a poco A Room of One's Own (Una stanza tutta per sé).




Vita Sackville-West, Il giardino,
traduzione Silvia Bre,
(testo originale a fronte)
Elliot Edizioni, Roma, 2013 
La passione di Vita Sackville-West (Sevenoaks, 9 marzo 1892 – Sissinghurst, 2 giugno 1962), poetessa e scrittrice, per le piante e l'architettura dei giardini la rese molto più famosa delle sue opere letterarie. Dopo il successo ottenuto con i poemi The Land (1927) e The Garden (1946), Vita divenne collaboratrice per il giornale "Observer" per cui curò per quindici anni una rubrica di giardinaggio che, oltre a renderla famosa al suo tempo, ha influenzato la pratica dell'arte inglese nella cura dei giardini in maniera profonda. I migliori articoli dell'"Observer" sono stati selezionati, per la nuova raccolta, The Illustrated Garden Book (1986), da Robin e Louisa Lane Fox, dopo aver sviluppato e messo in pratica le sue idee nel giardino della prima casa con cui visse assieme al marito Harold Nicolson (suo collaboratore nella progettazione e nella cura), Long Barn, assieme crearono da zero il Giardino del Castello di Sissinghurst, nel Kent.




Vita Sackville-West, Il libro illustrato del giardino,
a cura di Robin Lane Fox, traduzione Marta Suatoni,
Elliot Edizioni, Roma, 2013





Vita Sackville-West e il marito Harold Nicholson, scrittore e diplomatico ed entrambi membri di Bloomsbury, fondarono Sissinghurst nel 1930 in seguito a preoccupazioni sul fatto che la loro proprietà di Long Barn, nei pressi di Sevenoaks, nel Kent, fosse vicina a uno sviluppo sul quale non avevano il controllo. Benché fosse in condizioni derelitte, essi comprarono Sissinghurst e iniziarono a costruirvi il giardino che oggi conosciamo. Il progetto di Nicholson e il lavoro di giardinaggio della Sackville-West furono entrambi fortemente influenzati dai giardini di Gertrude Jekyll e Edwin Lutyens oltre a quelli di Hidcote Manor, progettati dal loro proprietario, Lawrence Johnston. Sissinghurst fu aperto al pubblico per la prima volta nel 1938 e dal 1967 è proprietà del National Trust. È il giardino più visitato d'Inghilterra, con circa 200.000 visitatori all'anno nonostante la chiusura invernale.

Vita Sackville-West desiderava essere ricordata come poeta. Non stimava i suoi romanzi The Edwardians e All Passion Spent e riteneva che non meritassero il consenso che avevano suscitato.
Forse l'avrebbe amareggiata sapere che oggi è soprattutto famosa come botanica e scrittrice esperta di giardini.
Riteneva che The Land e The Garden, invece, le avrebbero garantito un posto duraturo nella storia della letteratura. La stesura dei due poemi fu molta sofferta: entrambi di circa 2500 versi, richiesero diversi anni per essere completati. The Land, concepito nel 1921, fu iniziato nel 1923, terminato nel 1926 e pubblicato nel 1927 (e si aggiudicò l'"Hawthornden Prize"). Dopo la sua pubblicazione, Virginia Woolf, la sua più sincera critica, la incoraggiò a scrivere un poema su un villaggio. Vita lo iniziò immediatamente, ma non parlava di un villaggio, era The Garden. Disse a Harold: «Conterrà molto più del semplice giardinaggio - tutte le cose in cui credo e quelle in cui non credo». The Garden,  iniziato ne primi mesi del 1939, fu concluso nel 1945 e pubblicato nel 1946, nel tempo in cui si svolse la seconda guerra mondiale.
Seconda opera di quello che nelle intenzioni dell'autrice doveva essere un dittico,  non a caso segue la stessa divisione in stagioni adottata in The Land, The Garden fu da subito considerato un poema di carattere filosofico, molto più riflessivo, intimo e simbolico del primo. Ottenuto un immediato successo, fu insignito del prestigioso "Heinemann Prize". 

IL GIARDINO

Piccoli piaceri devono emendare grandi tragedie,
dunque di giardini nel pieno della guerra
io con coraggio parlo. Un tempo, della nobile terra
osavo azionare i registri dell'organo, le note
profonde del basso, l'estensione del diapason 
della ricca rotazione, procedendo di raccolto in raccolto,
di stagione in stagione mentre la ruota
girava ciclica nei solchi e nei frutteti del tempo;
nominavo gli arnesi classici, l'aratro, la falce,
nell'importante rito del lavoro nei campi,
ma adesso del fratello minore dell'agricoltura
tocco il grazioso acuto, pizzico di corda,
componendo la collana di un'annata di giardiniere,
dell'opera del giardiniere, nel bene e nel male
sgranata fin troppo facilmente in perle di versi. 
[...]


ESTATE

[...]

Luglio pesante. Troppo veemente e troppo rigoglioso;
culmine d'estate, fermo, appagato, e sazio,
nulla da temere, e poco da aspettarsi.
Persino gli uccelli sono calmi.
Boschi bui sovraccarichi: troppo nero, il loro verde.
Nessuna promessa di un sussulto, nessuna sorpresa, nessuna
febbrile difficile battaglia contro un'aria giovane, agile
e tagliente e un suolo gelato; nessuna lotta accesa
di un coraggio fragile che vince ciò nonostante.
Luglio facile, quando tutto fiorisce troppo intensamente
e l'esuberanza delle rose
non corre pericoli;
e quelle aggressive indistruttibili
noiose, le piante erbacee, che accettano di buon grado
tutto quello che capita e non chiedono niente
più del distratto favore di un paletto;
modesto fascino, non fiero comando,
come qualche severa zitella, risoluta, zelante,
tutta virtù e nessun incanto.

Non amo una pienezza come questa, affatto.
Troppo dolce, la pioggia inglese; troppo morbido, il sole.
Troppo florida, la piena estate nella nostra isola
delicatamente umida, che non spinge mai verso gli estremi.
Bellezza moderata, ma insidiosa,
i veli che indussero Shakespeare alla magia dei sogni;
Inghilterra, castigata come un manicotto da signora.
[...]



AUTUNNO

[...]

Eppure il giardino contrasta lo stato di guerra
in modo risoluto, uno sforzo in miniatura
per conservare grazie e gentilezze
contro un orrido deserto. Ciò che è civile
si è sempre contrapposto a ciò che è bruto, mentre il lento
progresso dei secoli arrancava, poi si fermava,
poi di nuovo la salita lenta, la scivolata
all'indietro verso il fosso, l'arrampicata verso l'uscita,
avanti, indietro, avanti, indietro, avanti,
regolare come il ritmo di una danza;
è così che il giardiniere nel suo piccolo
sostiene il baluardo della sua opposizione
e con un simbolo salva i modi civili;
è così che l'uomo degno lotta
per mantenere la gioia viva nel suo petto
quando ogni cosa è buia e persino nel cuore
della bellezza cova il verme pallido della morte.
[...]
Vita Sackville-West per quasi quindici anni conquistò i lettori dell'"Observer" con la sua rubrica di giardinaggio, e fu questa a tributarle enorme successo. I lettori che attendevano ansiosi il suo appuntamento settimanale, sapevano che le idee che di volta in volta proponeva erano da lei personalmente sperimentate nei suoi giardini di Sissinghurst. Vita, pur scrivendo con l'autorità di una grande creatrice di giardini, era un'autodidatta e così più che sessantenne e nonostante due anni prima, nel 1955, la "Royal Horticultural Society" l'avesse insignita della Veitch Memorial Medal, decise di iscriversi a un corso per corrispondenza di orticoltura generale, ottenendovi un 8/10. Oltre alla competenza, ciò che la caratterizzava ero lo stile con cui scriveva gli articoli, tanto che prima della sua rubrica non era mai esistito nulla di simile: era semplice, diretto e arricchito da metafore letterarie e artistiche. E questo fece e sì che essi fossero attesi anche da migliaia di non appassionati, semplicemente perché erano belli, curiosi, evocativi, insomma molto piacevoli da leggere.


«A Castle somewhere in Kent»


Vita teneva una fitta corrispondenza con i suoi lettori, accompagnata da un intenso scambio di sementi, idee e regali che in continuazione le venivano recapitati spesso a un non meglio specificato indirizzo nel Kent.
Il ricco epistolario che tenne con Virginia fino alla primavera del 1941, testimonia dei suoi numerosi viaggi alla ricerca di specie e qualità, di consigli e segreti, da poter sperimentare al rientro nei giardini della sua tenuta e condividere poi con i suoi lettori.


Sissinghurst

Sissinghurst



Quando scrisse l'elogio del garofano Chabaud, venne sommersa da tante lettere che le occorsero sue settimane per rispondere a tutte.



ANCORA SUI GAROFANI CHABAUD  

In risposta a numerosissime richieste, vorrei tornare sull'argomento dei garofani Chabaud. Monsieur Chabaud era un botanico di Tolone che, all'incirca nel 1870, ottenne questi ibridi dall'antico garofano perenne e dal tipo annuale.
Ne abbiamo di due specie, quello annuale e quello perenne. Gli annuali si dividono in "Giant Chabaud, "Enfant de Nice" e "Compact Dwarf". Devono essere seminati in febbraio o marzo in contenitori riempiti di un composto ben amalgamato di pacciame, terra e sabbia fine. Non richiedono riscaldamento, ma nel caso di temperatura particolarmente rigide i semi devono essere protetti. Non bagnateli eccessivamente. Manteneteli all'asciutto. Piantateli all'aperto piuttosto radi, in un punto soleggiato con un buon drenaggio (personalmente li preferisco da soli, non associati ad altre piante). La loro gamma di colori è ampia: giallo, bianco, rosso, porpora, rosa e screziati. Si propagano facilmente, e seminandoli ora saranno in fiore da luglio in poi. Se volete rimuoverli in ottobre e collocarli in vasi, continueranno a fiorire sotto vetro o dentro casa, sopra il davanzale di una finestra, o comunque in qualsiasi luogo protetto dal gelo, fino a inverno inoltrato.
La specie perenne, perfettamente rustica, deve essere seminata tra marzo e giugno, e collocata all'esterno la stessa estate, affinché fiorisca per diverse estati a venire. I giardinieri che apprezzano un poco di storia saranno lieti di sapere che la varietà chiamata "Flammand" discende da una stirpe del XVII secolo, che produrrà fiori screziati e variegati spesso ricorrenti in dipinti olandesi nell'incantevole confusione di un soggetto floreale.
A dire il vero il catalogo di questi fiori è tutto intriso di romanticismo, non solo storico, ma anche geografico, se concordate con me che il pensiero della Provenza, dalla quale provengono le sementi, evoca qualcosa di romantico. Siete mai stati a St. Remy, l'insediamento romano in quelle che una volta era la Gallia sud-orientale, dove ancora si leva un arco di trionfo, e dovei fiori vengono coltivati in appezzamenti lunghi più di un chilometro per il mercato delle sementi? Lo spettacolo deve essere magnifico quando tutti i garofani, le zinnie e le petunie sono in fiore, e macchiano con acri di colore il paesaggio provenzale alla Van Gogh.
Probabilmente questo non ha nulla a che vedere con un articolo di giardinaggio pratico, ma mi lascio sempre distrarre dalla storia delle piante che raccomando. Mi sono anche lasciata distrarre da una nota nello stesso catalogo riguardante le petunie, in particolare una specie ottenuta dalle monache di un convento nei pressi di Tolone. Non ho ancora provato a coltivarle, ma intendo farlo. Mi piace pensare a quelle suore di Tolone, indaffarate nel giardino del loro convento, che raccolgono i loro semi di petunia e li spediscono in Inghilterra, per la nostra delizia. 
Vita Sackville-West, Il libro illustrato del giardino, Elliot Edizioni, 2013.

Sissinghurst

Sissinghurst


«Vita Sackville-West aveva sempre amato l'immaginazione e la creazione di miti: la Spagna e il Sud, l'idea perduta di giardino rurale con i suoi romantici colori, i gitani e i climi esotici stimolavano la sua immaginazione. Poco dopo il primo incontro con Virginia Woolf elaborò in forma epistolare il sogno di andare insieme ai raduni de i gitani spagnoli», si legge nell'introduzione al libro. 

Se non è questo un giardino, un luogo privilegiato di immaginazione e libertà, l'inizio e la fine di un cammino dove vivere pienamente se stessi, che cos'altro lo è?

«Life, Life, Life!»
(l'ultimo addio di Virginia a Vita)

Tratto dall'introduzione di Mitchell A. Leaska 
in Le lettere di Vita Sackville-West a Virginia Woolf
a cura di Louise De Salvo e Mitchell A. Leaska, 
trad. Sylvie Coyaud, La Tartaruga Edizioni, 1985.


Nella sua lettera di sabato 22 marzo 1941, sei giorni prima della morte, Virginia chiedeva a Vita notizie sulla morìa degli uccelli - le cocorite - a Sissinghurst. Nelle scene finali di Between the Acts (Tra un atto e l'altro), il romanzo di Virginia pubblicato postumo, c'è una riga su «uccelli che discordanti sillabano vita, vita, vita...».

Quando Vita lesse quelle parole, alcuni mesi dopo la morte di Virginia, non poterono esserle sfuggita la fonte: Orlando.


«Andremo in cerca di meraviglie, in questo mattino d'estate, tutto adorazione del prugno in fiore e dell'ape. E camminando bellamente, domandiamo allo stornello (che è un po' più domestico dell'allodola, per esempio) che cosa gli passa per il cervello quando, sul mucchio della spazzatura, tra gli avanzi della verdura, trova da beccare in fretta qualche capello della servetta. E poi, appoggiati allo steccato, giù a gridare: che cos'è la vita? La Vita, la Vita, la Vita! Canta l'uccellino che ha il cervello fino...».


Nel 1945, quattro anni dopo la morte di Virginia, Vita e suo marito Harold curarono un'antologia di poesia intitolata Another World Than This. C'è in quel volume una «poesia» di Virginia Woolf, l'ultimo addio di Virginia a Vita, che le aveva dato appunto tanta vita - con tutta l'infelicità e il dolore - in quasi vent'anni di amore e amicizia. Vita mise in versi quel brano di Orlando:


Andremo in cerca di meraviglie, 
In questo mattino d'estate, 
Tutto adorazione 
Del prugno in fiore e dell'ape. 
E camminando bellamente, 
Domandiamo allo stornello
Che cosa gli passa per il cervello,
Quando, sul mucchio della spazzatura,
Tra gli avanzi della verdura, 
Trova da beccare in fretta 
Qualche capello della servetta. 
E noi giù a gridare: che cos'è la vita? 
La Vita, la Vita, la Vita!, canta l'uccellino 
Che ha il cervello fino...


«Virginia Woolf: Art, life and vision»
(la mostra alla National Portrait Gallery di Londra 
- 10 luglio al 26 ottobre 2014 -)



Supported by the "Virginia Woolf Exhibition Supporters Group"
and "The T.S. Eliot Estate"


«Virginia Woolf è stata una dei pensatori e degli scrittori più importanti della Gran Bretagna, una di coloro che hanno giocato un ruolo fondamentale nel cuore del modernismo nel 20esimo secolo», questo è stato il convincimento che ha portato Sandy Narnie, il direttore della National Portrait Gallery, ad allestire la prima mostra che ripercorre la vita della scrittrice, intellettuale e attivista britannica, a partire dai ritratti che l'hanno rappresentata.

Curata dal biografo e storico dell'arte Frances Spalding, la mostra è composta da oltre 100 opere, tra dipinti, fotografie (Beresford e Man Ray), disegni e materiali d'archivio rari (tra cui le lettere, i diari, i libri), scelti per raccontare la vita della Woolf all'interno del gruppo di Bloomsbury, la sua sfera intima e più strettamente familiare, i successi letterari, accanto ad aspetti meno noti di un'intellettuale così poliedrica e dal pensiero ancora estremamente attuale.

Frances Spalding,
Virginia Woolf: Art, Life and Vision
catalogo della mostra che potete trovare qui


***

«La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei.
Perché Lucy aveva fin troppo da fare. Bisognava togliere le porte dai cardini, stavano arrivando gli uomini di Rumpelmayer. E poi, pensò Clarissa Dalloway, che mattina - fresca come se fosse scaturita per dei bambini su una spiaggia. 
Che allegria! Che tuffo! Aveva sempre avuto quella sensazione quando, con un sommesso cigolio dei cardini, lo stesso che udiva ora, spalancava le portefinestre a Bourton e si tuffava nell'aria aperta. Quanto era fresca, calma, più ferma laggiù naturalmente, l'aria di prima mattina; come la carezza di un'onda, il bacio di un'onda, freddo e pungente e tuttavia (per una ragazza di diciott'anni qual era lei allora) solenne, sentendo come lei sentiva, là in piedi davanti alla finestra aperta, che stava per accadere qualcosa di terribile. 
Guardava i fiori, gli alberi che la bruma dipanandosi svelava e le cornacchie che si alzavano in volo, e planavano; là in piedi a guardare, finché Peter Walsh disse, «In meditazione tra gli ortaggi?» - disse così? O disse, «Io preferisco gli uomini ai cavolfiori»? Doveva averlo detto un mattino a colazione quando lei era uscita sulla terrazza - Peter Walsh. Sarebbe tornato dall'India a giorni, in giugno o in luglio, non ricordava quando, perché le sue lettere erano mortalmente noiose; ci si ricordava invece di certe sue battute; i suoi occhi, il coltellino, il sorriso, i modi scontrosi e, quando milioni di altre cose erano completamente svanite - che stranezza! - qualche battuta come quella sui cavoli»  
Virginia Woolf, La signora Dalloway, traduzione di Anna Nadotti, Einaudi, 2012.


Virginia Woolf, Mrs Dalloway,
cover Vanessa Bell,
Hogarth Press, London, 1925

7 commenti:

  1. Che meraviglia, grazie!
    P.S. Il telefilm perduto potrebbe essere proprio "Una famiglia americana" (The Waltons)?

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    1. Sono libri bellissimi e... il telefilm, purtroppo non è "Una famiglia americana", ma continuo a cercare e se lo trovo correggo il post, promesso! Grazie mille Robi.

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  2. Ai tempi della scuola non amavo (ahimè!) studiare. Ma qualcosa, poi, mi ha fatto ripensare a Virginia Wolf. Ricordavo in particolare i titoli "La signora Dalloway" e "Gita al faro" e mi è venuta voglia di leggerli ma non mi sono mai decisa a comprarli non sapendo che edizione scegliere! Perchè mi sono accorta, leggendo altro, che la traduzione di una persona piuttosto che un'altra può fare una gran differenza e non sapevo che edizioni comprare. Magari in questo caso non ce ne sono di particolarmente "difettose" ma se hai qualche consiglio ti ringrazio!
    Mi hai anche molto incuriosita parlando di Vita Sackville-West che non conoscevo: la sua affinità coi giardini non poteva che affascinarmi!
    Curioso l'albo "Virginia Wolf. La bambina con il lupo dentro".
    Interessantissimo post, grazie!

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    1. Il problema che poni, Anna, quello della traduzione è molto importante e, nel caso dei libri della Woolf, ora che sono passati settant'anni dalla morte, ancora di più.
      Senza contare che, mentre le traduzioni rischiano di invecchiare, i capolavori non lo fanno.
      Per le traduzioni che mi chiedi dei libri di Virginia, non avrei dubbi: Nadia Fusini e Anna Nadotti. Per Vita Sackville-West, e quella sua affinità con i giardini che ti ha affascinata, tieni conto che "Il libro illustrato del giardino" è anche una formidabile guida ricca di idee e consigli da mettere in pratica con buon successo. Grazie a te.

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    2. Ho trovato alcuni incipit de "La signora Dalloway" tra cui quelli di Nadia Fusini e Anna Nadotti. Quello di Nadia Fusini mi piace molto, grazie per i consigli, cosi finalmente mi sono decisa ad acquistarlo!
      Credo che prossimamente mi farò tentare anche da "Il libro illustrato del giardino"... :-)

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    3. Anna Nadotti è una tradruttrice sopraffina, ma Nadia Fusini è la più grande esperta italiana di Virginia Woolf. Ottimi anche i suoi scritti e le sue introduzioni, una delle quali, se non ricordo male, precede proprio "La signora Dalloway" nell'edizione Feltrinelli. Poi, mi farai sapere... Buona Lettura Anna! :-)

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    4. Quasi dimenticavo di scriverti...
      Qualche mese fa ho finalmente letto "La signora Dalloway"! Inizialmente, man mano che aumentavano situazioni e personaggi mi perdevo un po', facevo proprio fatica. Ma ad un certo punto si è sbloccato qualcosa e in conclusione posso dire che mi è piaciuto molto "perdermi" nei pensieri altrui!
      Vedo che il tuo blog è fermo da un po' e su facebook io mi perdo sempre tra le mille notizie che spuntano ogni minuto... comunque a risentirci! Di solito, presto o tardi, si finisce con l'incrociare di nuovo i cammini (o i clic he he he). :-)

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