sabato 24 dicembre 2011

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 24

E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822), musicista e scrittore, tra i massimi esponenti del romanticismo tedesco, tentò con la sua opera di rivoluzionare il genere della fiaba e della letteratura per l’infanzia, ancora troppo soffocata dalle rigide convenzioni borghesi. È stato un genio assoluto e la portata del valore della sua opera, dell'influenza sull'immaginario, anche se ampiamente celebrata forse non è ancora stata pienamente compresa.

La fiaba dello Schiaccianoci comparve per la prima volta, col titolo Nußknacker und Mausekönig, nel volume Kindermärchen von Carl Wilhelm Contessa, Friedrich Baron de la Motte Fouqué und E. T. A. Hoffmann, Reiner, Berlin 1816.

Tra le molte cose, lo Schiaccianoci può definirsi la fiaba di Natale in assoluto.

E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati


Uno dei più grandi studiosi di E. T. A. Hoffmann è di sicuro Antonio Faeti.
Vi metto qui, un suo scritto inedito che, anche nella limitata dimensione, riesce a creare la cornice perfetta per questa unica, splendida, fiaba. Un minuscolo ma importante regalo di Natale.


Il distinto, inappuntabile signor Drosselmeier che veste come un dignitario della Restaurazione ma ha su un occhio una benda nera quasi fosse un pirata di Stevenson può ben essere considerato il simbolo che allude allo specifico fiabesco hoffmaniano. Nessuno, come questo scrittore ha davvero reso pienamente il Perturbante, affermava Freud, e certo la speciale inquietudine che promana dallo Schiaccianoci, non si coglie in altre narrazioni. 

E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Con Hoffmann, il Romanticismo si mescola con lo stile Biedermeier, rendendo fattivo e possibile ogni accostamento, senza remore, controlli, inibizioni. Tutto si mescola, tutto si intreccia, mentre l'Anima Romantica e il Sogno dicono che ogni interno è simbolo, ogni presenza è ansiogena, ogni trama è perigliosa, ogni atteggiamento è sospetto. La fiaba di Hoffmann distrugge la parvenza linda e ben protetta di un'epoca che si colloca tra la nostalgia per le glorie napoleoniche le barricate del Quarantotto. Nessuno come Hoffmann è riuscito a spiare nelle soffitte, a scrutare nelle cantine, a guardare negli armadi, a collocare ovunque sospetti e timori, anche se occorre prestare attenzione al riso hoffmaniano, coi i suoi ammicamenti infiniti. C'è qualcosa di totalizzante in questa miriade di pretesti, di allusioni, di ironie, di censure. E, del resto, dalla musica al cinema, dal teatro al fumetto, Hoffmann riappare continuamente con l'equivoco scintillare delle sue invenzioni. Oggi si tenta di superare l'allusiva pienezza del Perturbante con un fantastico e un noir che negano il rapporto tra la benda nera e lo splendore di un abbigliamento dirigenziale. Hoffmann sa sempre dove nascondersi, ha più di uno Schiaccianoci, convoca battaglioni di grossi topi, ride, raggela, graffia, diverte: le sue fiabe possiedono una ingovernabile unicità. 
© Antonio Faeti,  Un gentiluomo con l'occhio bendato. Fiabe novelle fantasie in Hoffmann, saggio introduttivo all'omonima lezione del corso "Il principe Ireneo", 20 novembre 2011

E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Una volta letta la storia dello Schiaccianoci, basta tentare di raccontarla per scoprire quanto sia faccenda da veri maestri della narrazione. Ed è uno dei più grandi maestri della narrazione, il padre dei Tre moschettieri, che nel 1845, rendendo omaggio a Hoffmann, ce ne ha consegnato una versione assai accattivante, rimasta fino a oggi pressoché sconosciuta ai lettori italiani. 


Nasce anche per colmare questa lacuna, la scelta della casa editrice Donzelli di affiancare due tessiture molto diverse di un medesimo filato fiabesco, di raccontare la stessa intramontabile storia a doppia firma e arricchita da 62 disegni originali dell'illustratrice parigina Aurélia Fronty. Non c’è infatti modo più avvincente e diretto per apprezzare la vicenda dell’omino di legno, che lasciarsi irretire dalla potenza visionaria e dai labirintici enigmi di Hoffmann e al tempo stesso abbandonarsi alla compiaciuta scorrevolezza del racconto di Alexandre Dumas che, esplicitamente ispirato alla fiaba di Hoffmann, comparve col titolo Histoire d’un casse-noisettes nel 1845, a Parigi, presso l’editore Hetzel.  
© E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas, Lo Schiaccianoci, Donzelli Editore, Roma, 2011, p. VIII.


E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
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E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
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LA VIGILIA DI NATALE

Per tutta la giornata del 24 dicembre i bambini dell’ufficiale sanitario Stahlbaum non avevano avuto il permesso di entrare nel soggiorno e tanto meno nel salone attiguo. Fritz e Marie se ne stavano rannicchiati in un angolo della stanzetta sul retro; calava la sera e i bambini si inquietarono molto vedendo che nessuno entrava per portare il lume come ogni giorno. Fritz sussurrò furtivamente alla sorellina (che aveva appena compiuto sette anni) di aver sentito sin dal primo mattino, nelle stanze chiuse a chiave, fruscii, rumori metallici e lievi colpetti. E poi un omino nero con una grossa cesta sotto braccio era sgattaiolato poco prima lungo il corridoio, ma Fritz lo sapeva bene: poteva trattarsi solo del padrino Drosselmeier. Marie batté le manine dalla gioia e gridò: «Ah, chissà che belle cose avrà fatto per noi il padrino Drosselmeier!». Il consigliere di giustizia Drosselmeier non era certo un bell’uomo, così piccolo e magro, col viso pieno di rughe e un grosso cerotto nero al posto dell’occhio destro. Inoltre era senza capelli, per questo portava una bellissima parrucca bianca di vetro che era un vero capolavoro dell’ingegno. Il padrino Drosselmeier era lui stesso un uomo pieno d’ingegno, s’intendeva di orologi ed era persino capace di fabbricarli da sé. E dunque, quando una delle belle pendole di casa Stahlbaum si ammalava e non riusciva più a cantare, arrivava il padrino Drosselmeier, si toglieva la parrucca di vetro e la giubbetta gialla, si legava in vita un grembiule blu e iniziava a punzecchiare l’interno della pendola con strumenti appuntiti; ciò preoccupava molto la piccola Marie, ma lui non le faceva mai male, alla pendola, che anzi riprendeva vita e ricominciava allegramente a ronzare, a ticchettare e a cantare per la gioia di tutti. Quando veniva, il padrino Drosselmeier portava sempre in tasca qualche cosa bella per i bambini: un ometto che girava gli occhi e faceva la riverenza, proprio buffo da vedere, o una scatolina dalla quale saltava fuori un uccellino, o qualcos’altro. Per Natale invece costruiva sempre qualche bel marchingegno, che gli costava molta fatica, perciò l’oggetto, dopo essere stato regalato ai bambini, veniva scrupolosamente preso in custodia dai genitori. «Ah, chissà che belle cose avrà fatto per noi il padrino Drosselmeier!», gridò Marie. Fritz sosteneva che questa volta non poteva essere altro che una fortezza nella quale bellissimi soldati marciavano avanti e indietro facendo le esercitazioni; poi sarebbero arrivati altri soldati che volevano entrare nella fortezza, ma da dentro gli altri avrebbero valorosamente sparato coi cannoni e ci sarebbero stati schianti e botti fragorosi. «No, no – Marie interruppe Fritz, – il padrino Drosselmeier mi ha raccontato di un bel giardino, dentro c’è un grande lago dove nuotano splendidi cigni con collari d’oro cantando le melodie più incantevoli. Poi una ragazzina arriva al lago, attira a sé i cigni e dà loro da mangiare del dolce marzapane». «I cigni non mangiano marzapane – aggiunse un po’ duramente Fritz – e padrino Drosselmeier non può farlo, un giardino intero. In realtà abbiamo pochi dei suoi giocattoli: ci viene subito portato via tutto! Preferisco le cose che ci regalano mamma e papà, possiamo tenerle e farci quello che ci pare». I bambini continuavano a cercare di indovinare cosa avrebbero ricevuto stavolta. Marie disse che madamigella Gertrude (la sua bambola grande) era molto cambiata, perché, sempre più maldestra, cadeva a terra di continuo, finendo per procurarsi segni orribili sul viso; non c’era modo, poi, di tenerle i vestiti puliti. Rimbrottarla ben bene non era servito a nulla. Quando Marie aveva detto che le sarebbe tanto piaciuto avere un ombrellino da sole per Gertrude, la mamma aveva sorriso. Fritz invece assicurò che alla sua scuderia mancava un valido cavallo sauro e che le sue truppe erano completamente prive di cavalleria, il babbo questo ce l’aveva ben presente. I bambini in realtà sapevano che i genitori avevano comprato ogni sorta di bei regali, e in questo momento li stavano sistemando, ma sapevano anche che il buon Gesù aveva illuminato i doni con i suoi benevoli e pii occhi di bambino: era per questo che ogni regalo natalizio, come se fosse stato toccato da una mano benefica, brillava di una magnifica luce come nessun altro. A ricordarlo ai bambini, che non smettevano di bisbigliare chiedendosi quali regali avrebbero ricevuto, era stata la loro sorella maggiore Luise; aveva anche aggiunto che era Gesù stesso, anche se per mano dei cari genitori, a regalare sempre ai bambini ciò che poteva riempirli di gioia e di piacere, lui lo sapeva molto meglio dei bambini stessi, quindi loro non dovevano esprimere tutti quei desideri e speranze, bensì aspettare zitti e bravi i loro doni. La piccola Marie si era fatta pensierosa ma Fritz aveva borbottato tra sé e sé: «Un cavallo sauro e degli ussari mi piacerebbero proprio...». Si era fatto buio fitto. Fritz e Marie, stretti l’uno all’altra, non osavano più dir nulla; avevano la sensazione di essere circondati da un fruscio d’ali e di sentire una musica lontanissima eppure magnifica. Un raggio di luce chiara passò sulla parete. I bambini lo sapevano, si trattava di Gesù Bambino che volava da altri bambini fortunati su una nuvola scintillante. In quel momento si sentì un suono argentino: tlin tlin, tlin tlin, le porte si spalancarono e dalla stanza si sprigionò un tale bagliore che i bambini gridarono «Oh!... Oh!» e si fermarono come impietriti sulla soglia. Entrarono il babbo e la mamma, presero i bimbi per mano e dissero: «Venite, venite, bambini cari, e vedete cosa vi ha portato in dono il buon Gesù!».
© E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas, Lo Schiaccianoci, Donzelli Editore, Roma, 2011, pp. 3 - 7.

E.T.A. Hoffmann - Alexandre Dumas,
Lo Schiaccianoci,
Donzelli Editore, Roma, 2011
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BUON NATALE 
e
FELICE ANNO NUOVO
a
 TUTTI VOI
... che avete seguito GAVROCHE
molto più di quanto potessi immaginare ...

- Ci rivedremo circa a metà gennaio - 



Le immagini e i testi di Lo schiaccianoci sono stati pubblicati per gentile concessione della casa editrice © Donzelli e rispettivi autori.

venerdì 23 dicembre 2011

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 23

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati


Lev Nikolaevič Tolstoj nacque il 28 agosto 1828 nella tenuta Jasnaja Poljana nel governatorato di Tula. La madre era la principessa Marja Nikolàevna Volkonskaja, mentre il padre Nikolàj Il'ìč era discendente di Pëtr Andreevič Tolstoj, che aveva ottenuto il titolo di conte da Pietro il Grande. La madre, di cui Lev non conserverà alcun ricordo, muore quando egli ha appena due anni. Dopo qualche anno gli muore anche il padre lasciandolo precocemente orfano. Fu così allevato da alcune zie molto religiose e da due precettori, un francese e un tedesco.

Chi sono io? Uno dei quattro figli di un tenente colonnello in pensione, rimasto orfano a sette anni, allevato da donne e da estranei e che, senza aver ricevuto alcuna educazione mondana né intellettuale, a diciassette anni è entrato nel mondo. © AA.VV., I giganti. Lev Tolstoj, Verona, Mondadori, 1970, p. 5.

Lev Tolstoj 1828 - 1910
Ritratto di Nikolaj Ge - Tretjakov Gallery, Mosca
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Nelle opere di Lev Tolstoj vita e letteratura sono inscindibili.

[...] quel primo tempo poetico, meraviglioso, innocente, radioso dell'infanzia fino ai quattordici anni. Poi quei venti anni orribili di grossolana depravazione al servizio dell'orgoglio, della vanità e soprattutto del vizio. Il terzo periodo, di diciotto anni, va dal matrimonio fino alla mia rinascita spirituale: il mondo potrebbe anche qualificarlo come morale, perché in quei diciotto anni ho condotto una vita familiare onesta e regolata, senza cedere a nessuno dei vizi che l'opinione pubblica condanna. Tutti i miei interessi però erano limitati alle preoccupazioni egoistiche per la mia famiglia, il benessere, il successo letterario e tutte le soddisfazioni personali. Infine il quarto periodo è quello che sto vivendo adesso, dopo la mia rigenerazione morale [...] © AA.VV., I giganti. Lev Tolstoj, Verona, Mondadori, 1970, p. 5. 

Tolstoj lesse, giovanissimo le opere di Rousseau, ne rimase così folgorato che si dice abbia girato per molti anni con appeso al collo il medaglione con l'effige di Jean Jacques.


Non a caso, l'opera della conversione di Tolstoj, scritta trent'anni dopo, si intitolerà appunto – similmente all'autobiografia roussoniana – Le confessioni (1882). Autori come Rousseau,Sterne, Puskin, Gogol insegnano allo scrittore in erba un principio fondamentale: in letteratura sono importanti soprattutto la sincerità e la verità. Proprio sotto questi influssi nascono le opere letterarie di Tolstoj: nel 1851 avviene la prima redazione del racconto Infanzia che uscirà sulla rivista del poeta e amico Nekrasov "Sovremienik" 1852.. Da questa pubblicazione, presto seguita da Adolescenza (1854) e Giovinezza (1857), Tolstoj emerge tra gli scrittori più famosi dell'epoca. "Ecco un talento nuovo e certo", confida Nekrasov a Turgenev. Pagine parzialmente autobiografiche, Infanzia, Adolescenza, Giovinezza sono, nel progetto dell'autore, tre tappe della formazione e dell'educazione sentimentale ed esistenziale di un ragazzo, Nikolen'ka Irten'ev, che evocano con suggestiva limpidezza la sua crescita, le sue esperienze interiori, il mondo che cambia intorno a lui.

Nel 1859, Tolstoj è sull'orlo di una crisi: l'uscita di Felicità familiare, lo vede in realtà insoddisfatto a tal punto da affermare, il 9 ottobre: "Ora non valgo più nulla come scrittore. Non scrivo; non ho più scritto sin da Felicitàfamiliare e temo che non scriverò più". 

In lui si fa sempre più strada l'idea del pedagogo...

Sempre e molto continuo a pensare all'educazione, aspetto con impazienza il momento in cui comincerò a istruire i miei bambini: penso di aprire, allora, una nuova scuola, e di stendere finalmente per iscritto il résumé di tutto ciò che so sul fatto educativo, e che nessun altro sa, o che nessuno, almeno, vuol riconoscere

Si consacra così, dal 1859 al 1862, alla fondazione di una scuola per i figli dei contadini di Jasnaja Poljana. È necessario premettere che a metà dell'Ottocento in Russia non era prevista la scuola per i figli dei contadini. Tolstoj riteneva che la carenza di istruzione fosse una delle cause del dispotismo, della violenza e dell'ingiustizia. Nel costituire la nuova scula Tolstoj si porrà alcuni grandi problemi riguardo l'istruzione: esiste un diritto di educare? Ed ancora chi è che educa?. Tolstoj capisce che la scuola esprime la cultura delle classi dominanti. E se ciò può anche essere "giusto" per i figli delle classi agiate, non va bene per i figli dei contadini. E quindi che valori proporre? La soluzione sarà proporre una scuola totalmente libertaria e con un grande rispetto per la cultura dell'altro. Un tratto caratteristico era il non sminuire mai la conoscenza, le abilità che i bambini portavano da fuori dalla scuola.

I ragazzi non si lasciano ingannare... Noi cerchiamo di dimostrare che siamo intelligenti, ma essi non se ne interessano affatto, e vogliono sapere se siamo onesti, se siamo sinceri, se siamo buoni, se siamo compassionevoli, se abbiamo una coscienza e dietro il nostro desiderio di mostrarci solo infallibilmente ragionevoli. © Lev Tolstoj, lettera a Aleksandra Andreevna Tolstaja, fine novembre 1865

Dopo ben poco tempo, visto il successo della sua prima scuola di Jasnaja Poljana, inizia ad approfondire i problemi della pedagogia e comincia a pensare ad un modello di scuola statale per tutta la Russia. Nel 1860 scrive il suo primo saggio di pedagogia: Osservazioni e materiali pedagogici e comincia ad abbozzare il progetto d'una società per l'istruzione popolare.Nel 1861 le scuole da lui fondate sono diventate dodici (negli anni aumenteranno sempre più) e vi lavora lui pure come maestro. Nel 1862 scrive  numerosi saggi pedagogici, tra cui il celebre Chi ha bisogno di imparare a scrivere da chi: i ragazzi contadini da noi, o noi dai ragazzi contadini?

Dopo la profonda crisi spirituale che lo colse nella cittadina di Arzamas nell'autunno 1869, Lev Tolstoj ritrovò conforto e ed equilibri nei classici. Allo stesso tempo egli riprese a raccogliere e rielaborare testi di lettura per l'infanzia.
Nel 1872 esce il voluminoso Abbecedario per il popolo, che sarà – con oltre un milione di copie vendute – uno dei maggiori successi di Tolstoj. 

In esso ho messo più fatica e amore, che in tutto quello che ho fatto e so bene che questo è l'unico lavoro importante della mia vita. © lettera indirizzata a Aleksandra Andreevna Tolstaja

Nel 1874 Tolstoj si dedica interamente alla pedagogia e alla direzione delle sue scuole, che sono ormai una settantina. Scrive una Grammatica per le scuole rurali e pubblica il saggio L'istruzione pubblica, la cui tesi fondamentale è la seguente: se l'istruzione vuole essere di reale profitto, va fondata su una libertà d'apprendimento che consenta agli allievi di scegliere da sé che cosa studiare e che cosa no, il docente deve adattarsi alle loro scelte. 

Il periodo piú luminoso della mia vita mi è stato dato non già dall'amore per una donna, ma dall'amore per gli uomini, per i bambini». Perché «nel bambino vive intatto il prototipo dell'uomo: e ogni educatore deve aiutare il bambino a preservare la sua primigenia perfezione.

Nel 1875 pubblica una riedizione dei racconti dell'Abbecedario con il titolo I quattro libri di lettura contenenti favole tratte da di Esopo dalla tradizione orientale, da La Fontaine, dalla tradizione del folclore russo, dalle favole dei Grimm a numerosi componimenti di propria creazione.
L'opera era destinata, come disse Tolstoj nel libro, «a tutti i fanciulli, da quelli della famiglia imperiale a quelli dei contadini, perché ne traggano le loro prime impressioni poetiche».

Lev Tolstoj, I quattro libri di lettura,
Einaudi, Torino, 1994
© tutti i diritti riservati

L'introduzione a I quattro libri di lettura è a cura di Pier Cesare Bori. La sua ricerca su Lev Tolstoj, condotta anche con numerosi soggiorni in Russia è sintetizzata in L'altro Tolstoj (Il Mulino, Bologna 1995), e nella traduzione dal russo di Pensieri per ogni giorno (Edizioni cultura della pace, 1995). Ha scritto anche l’introduzione a Guerra e pace nell’edizione Einaudi (1998). Oltre ad essere uno dei maggiori studiosi di Tolstoj, Pier Cesare Bori e anche il professore con cui mi sono laureata con una tesi in Filosofia morale. Un grande, insuperato, Maestro di pensiero e di vita.

Di topi e di leoni di orsi e di galline, appena uscito per Lapis Edizioni, con le illustrazioni di Brunella Baldi, è una preziosa raccolta di favole che deriva da una selezione ragionata proveniente da I quattro libri di lettura. L'edizione è arricchita dal commento di Rita Valentino Merletti che precede ciascuna favola e da una postfazione di Stefano Garzonio Professore Ordinario di Lingua e Letteratura Russa presso il Dipartimento di Linguistica della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università di Pisa.

IL LEONE E IL TOPO (dal Primo libro di lettura)
Dalla favola di Esopo Il leone e il topolino riconscente


Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati



IL PORCOSPINO E LA LEPRE (dal Secondo libro di lettura)
traduzione libera di Il riccio e la lepre dei Grimm

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati



IL TOPO SOTTO IL GRANO (dal Secondo libro di lettura)
Riscrittura da Les mille et un jour, Contes persans, Paris 1839

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati



L'ELEFANTE (dal Primo libro di lettura)
Riscrittura da Racconti per ragazzi dal Brendel e dal Brehm
Pietroburgo 1873

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati



IL VITELLO SUL GHIACCIO (dal Secondo libro di lettura)
COMPOSIZIONE ORIGINALE

Lev Tolstoj/Brunella Baldi, Di topi e leoni,
di orsi e di galline
, Lapis Edizioni, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati


È un anno felice per Brunella Baldi che, con C.C.P.cicogne, cavoli, provette (Principi&Principi, 2011), Come due gocce d'acqua (testo di Sandra Dema, Acco Editore, 2011), Non c'è nave che possa come un libro (poesie di Emily Dickinson, Motta Junior, 2011) e quest'ultimo di Tolstoj, si è trovata a misurarsi con opere così diverse tra loro da richiedere, di volta volta, l'utilizzo di un differente registro stilistico, prova che l'illustratrice fiorentina ha superato con esiti davvero brillanti. Come quello ottenuto in Di topi e leoni, di orsi e galline, dove le illustrazioni che propone sembrano seguire, al contempo, sia il lontano filo del pensiero che guidò Tolstoj nella costruzione del suo racconto corale che l'eco delle suggestioni e delle atmosfere che provengono dalla terra d'origine di ciascuna favola. Ne esce così un racconto iconografico dai tratti delicati e suggestivi che vivifica e dilata il perimetro dell'essenzialità di questi brevi racconti morali.

Ancora oggi, conclude Stefano Garzonio nella postfazione, «le fiabe di Tolstoj mantengono tutta la loro freschezza espressiva ed energia spirituale e sono portatrici di quegli ideali di originale e libertaria concezione del mondo che caratterizzano tutta l'esperienza letteraria e filosofica del grande scrittore».

Quarant'anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj Il regno di Dio è dentro di noi, e ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsā. Quello che più mi ha attratto nella vita di Tolstoj è il fatto che egli ha praticato quello che predicava e non ha considerato nessun prezzo troppo alto per la ricerca della verità. Fu l'uomo più veritiero della sua epoca. La sua vita fu una lotta costante, una serie ininterrotta di sforzi per cercare la verità e metterla in pratica quando l'aveva trovata. [...] Fu il più grande apostolo della non-violenza che l'epoca attuale abbia dato. Nessuno in Occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della non-violenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito. [...] La vera ahimsadovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall'ira, dall'odio, e un sovrabbondante amore per tutto. La vita di Tolstoj, con il suo amore grande come l'oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa.» 
© Mahatma Gandhi, Antiche come le montagne, ed. di Comunità, Milano, 1963, pp. 234-235.


Le immagini e i testi di Di topi e leoni, di orsi e di galline sono state pubblicate per gentile concessione di © Lapis Edizioni e rispettivi autori.
Per tutti immagini e testi si faccia riferimento al © Copyright indicato in ciascun caso. 

giovedì 22 dicembre 2011

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 22


Hans C. Andersen/Charlotte Gastaut,
Pollicina,
Gallucci editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati
Charlotte Gastaut è nata a Marsiglia nel 1974 e lì vive con il compagno e le due figlie, Prudence e Violette. Abita in una casetta, con un minuscolo giardino dove coltiva violette. Ha iniziato a pubblicare giovanissima i propri disegni sulle riviste femminili. Si è poi dedicata ai libri per bambini. Il grande viaggio della piccola Angelica, il primo libro di cui ha curato sia il testo sia i disegni, è stato pubblicato da Gallucci Editore nel 2010. In seguito, sempre per la stessa casa editrice, sono usciti Lilì nel lettone con il testo di Sylvie Poillevé (2011) e ora Pollicina di Hans Christian Andersen.











Hans C. Andersen/Barbara Petris
Il tenace soldatino di stagno,
La Margherita Edizioni, Cornaredo (MI), 2011
© tutti i diritti riservati
Barbara Petris è friulana. Ha frequentato l’Accademia di Brera e l’Istituto Europeo di Design dove, nel 2009 si è diplomata in illustrazione. Attualmente vive a Udine e collabora con diverse case editrici. Da pochi giorni è la vincitrice del Premio della Critica del concorso "Calendario Duemila12" organizzato dall'Associazione culturale Tapirulan di Cremona. Il tenace soldatino di stagno è il suo primo libro per la casa editrice La Margherita Edizioni.













Ogni anno, come i bambini del tempo, il nostro desiderio è che sotto l'albero di Natale ci sia un libro di Hans Christian Andersen. Il mio è stato pienamente realizzato perché Pollicina e Il soldatino di stagno sono state le prime sue fiabe che ho amato.

Parlare di lui in poche righe, è difficilissimo. Siamo di fronte ad uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi, un autore appunto di fiabe, il che se può, complica la cosa. 

Per comprenderlo, bisognerebbe leggerlo tutto: dall'autobiografia, La favola della mia via vita (Edizioni Paoline, 1959), alle fiabe  Fiabe e storie. Edizione integrale (Donzelli, 2001) al suo altro narrare Il violinista (Fazi, 2005), Peer fortunato (Iperborea, 2005), Passeggiate nella notte di Capodanno (Lubrina, 1987), L'improvvisatore (Vallecchi, 1931, O.T. (Bulzoni, 1975) e Il bazar di un poeta (Biblioteca del Vascello, 1991). 

Andersen ha una personalità anche letteraria così potente che o si ama o si detesta, difficile collocarsi nel mezzo. Io faccio parte della prima categoria.
In un lui tutto è diversità. È il cantore degli esclusi, di chi vive ai margini della società, per povertà o incomprensione. Lui stesso, nonostante la fama raggiunta, non si sentirà mai pienamente accettato, a causa delle sue umili origini, per sempre sofferte, del suo aspetto fisico, che non accetterà mai, non di meno che a causa della sua omosessualità. 
Il mondo visto dai suoi occhi è sempre distante, la sua penna racconta di pensieri e sentimenti in modo obliquo, censurato. Il suo narrare è fatto di piccole cose, motori di un fantastico che parte dalla quotidianità. Eppure da quelle piccole cose nasce una visione filosofica molto sottile che conduce, quasi sempre per voce di metafora, alla ricerca di risposte ai grandi paradigmi esistenziali.


Hans Christian Andersen
© tutti i diritti riservati

Hans Christian Andersen nacque il 2 aprile del 1805 in Fionia, a Odense, in Danimarca, da un padre ciabattino e una madre lavandaia. Le ingiuste e feroci umiliazioni che subì da bambino per le sue origini lo perseguitarono per tutta la vita e sono uno degli elementi fondanti della sua poetica. Alla morte del padre, avvenuta precocemente, nessuno gli leggerà più le Mille e una notte o i brani tratti dalle commedie di Shakespeare, alimenti  primigeni del suo immaginario. A quattrodici anni si trasferirà a Copenhagen, per iniziare la carriera di cantante, attore e ballerino. Nel 1822, grazie a un benefattore, riuscirà a frequentare il ginnasio poi l'Università dove si laureerà in filologia nel 1826. Il racconto che lo rese famoso fu L'improvvisatore, scritto nel 1835, che darà il via a una lunga carriera e a una ricchissima produzione letteraria tra romanzi, poesie, opere teatrali, biografie, autobiografie, articoli, scritti umoristici e satirici. Ma Andersen è ancora oggi conosciuto in tutto il mondo per la sua produzione fiabesca iniziata, con un primo volume che recava la trascrizione delle più amate da bambino tra le più popolari del suo Paese, proprio per il Natale del 1835. E sarà così ogni anno, le fiabe lasceranno la tradizione per diventare componimenti autorali, fino al 1872. L'opera completa di Andersen comprende 156 fiabe che, ad oggi, sono tradotte in circa 160 lingue. È stato un indefesso viaggiatore.  L'immaginario di tutto il mondo è stato conquistato dagli archetipi creati dalla  fantasia di questo dinaccolato, immenso, scrittore danese.   

C'era una volta una donna che si struggeva dal desiderio di avere una bambina, ma non sapeva proprio come fare: andò allora da una vecchia strega e le disse: - Mi piacerebbe tanto un bambina; sai dirmi come posso fare ad averla?
- Certo, non poi così difficile, - le rispose la strega, - eccoti un chicco d'orzo: ma non credere che sia come quello che cresce nei campi dei contadini o che si danno da mangiare alle galline; mettilo in un vaso e vedrai che cosa viene fuori!
- Grazie tanto, - disse la donna,  e diede alla strega dodici soldi; poi se ne tornò a casa, piantò il suo chicco d'orzo, ed ecco che spuntò subito un grandissimo, splendido fiore che sembrava proprio un tulipano, ma con i petali strettamente uniti l'uno all'altro, come se fosse ancora in boccio.
- Com'è bello! - esclamò la donna, e baciò i bei petali rossi e gialli, ma non appena li ebbe baciati si sentì come uno scoppio, e il fiore si aprì. Era un vero tulipano, lo si vedeva bene, ma in mezzo al fiore, sul pistillo verde, stava seduta una fanciulla piccina piccina, molto delicata e graziosa, non più alta di un pollice, e perciò la chiamarono Pollicina. 

Boom! Di che cosa poteva aver bisogno di più una bambina per fantasticare a metà degli anni settanta?... poche righe di Andersen mi avevano già conquistata. Se poi ci mettiamo che vidi in TV Il favoloso Andersen interpretato, dall'almeno tre volte grande, Danny Kaye che faceva Pollicina con tanto di dito incoronato da un fazzoletto, se ricordo bene perché non l'ho mai più rivisto, sbucando dalle inferriate del carcere... cantando "Oh Pollicina, Pollicina...", chi mi poteva salvare? Così, armata di pennarelli rossi e neri per dipingerne il viso, il mio pollice non mi appartenne più come prima, si animò di vita propria almeno per tutta la prima elementare. Il lavaggio del fazzoletto, sempre lo stesso come un prezioso abito di scena, faceva andare in escandescenza mia madre. Mi viene quasi voglia di rifarlo... Quando lo racconto ad Antonio Faeti, inorridisce. Badate bene non per la mia di Pollicine, ci mancherebbe... ma per Il favoloso Andersen che lui detesta e io invece difenderò sempre a spada tratta. Ve lo metto qui, ma non lo riguardo, perché il mio è ancora quello là, quello che vidi la prima volta e che non so poi se lo ricordo bene, ma un po' di un paura che non sia così ce l'ho.

Il favoloso Andersen, ITA
Hans Christian Andersen regia di Charles Vidor
Usa 1952

Sembra che Mignolina (Tommelise), o Pollicina, scritta tra il 1835-36, sia stata dedicata da Andersen, come La principessa sul pisello, all'amica Henriette Wulff. La prima fiaba, Hans la scrisse per vendicarsi dopo un piccolo screzio avvenuto tra i due. La seconda per lenire, con grande poesia, le sofferenze dell'amica causate dalla malformità di cui era affetta.

La culla in cui riposava era un guscio di noce, il materasso era fatto di violette e un petalo di rosa le serviva da trapunta. Era lì che di notte riposava, mentre di giorno faceva il bagno in un piattino contornato da una piccola ghirlanda di fiori, i cui steli sfioravano l'acqua.© Hans Christian Andersen/Charlotte Gastaut, Pollicina, Gallucci 2011. 

Hans C. Andersen/Charlotte Gastaut,
Pollicina,
Gallucci editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Una notte, mentre Pollicina dormiva, da un vetro rottò entrò una rana. Era una grassa ranocchia viscida che vedendo Pollicina addormentata pensò: "Sarebbe  una moglie perfetta per mio figlio!". Afferrò dunque il guscio di noce e fuggì via in giardino con la piccola. (© idem)


Da lì inizieranno le avventure della povera Pollicina... 

Hans C. Andersen/Charlotte Gastaut,
Pollicina,
Gallucci editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Hans C. Andersen/Charlotte Gastaut, 
Pollicina,s
Gallucci editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Hans C. Andersen/Charlotte Gastaut,
Pollicina,
Gallucci editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati

Hans C. Andersen/Charlotte Gestaut,
Pollicina,
Gallucci editore, Roma, 2011
© tutti i diritti riservati


Le fiabe di Andersen, sono per lo più d'autore e quindi non si avvalgono sempre della ricchezza di quell'immaginario popolare universale così stimolante per gli artisti. Serbano però al loro interno un'anima sensibile forse, come aveva scritto Knud Ferlov nell'accompagnare la prima edizione einaudiana (I Millenni, 1956), "quell'anima danese, quella filosofia popolare che si chiama "lune" che è un complesso indefinibile di bonarietà, di modestia, di allegria, di monelleria, d'ingenua fierezza popolana, di serenità nelle sorti avverse, caratteristico di quel piccolo paese di pianura, senza profili pronunciati, dove il colore quasi non esiste, ma dominano le sfumature". Ma a me sembra qualcosa di più, un sentire comune, per semplificare, che lui è riuscito a catturare in questi piccoli racconti fantastici. Le illustrazioni di Charlotte Gastaut, in questo senso, se possibile donano ancora più leggerezza e poesia a questa piccola grande protagonista che sembra quasi possa apparire e scomparire per magia all'apertura e al finire delle pagine del libro.

Den Standhaftige Tinsoldat, L'intrepido soldatino di stagno, noto con più titoli, qui Il tenace soldatino di stagno, fu pubblicato nel quarto volume di Eventyr, Fortalte for Børn nel 1838.
Non mi sono mai stancata di farmi leggere e rileggere questa fiaba poi, con profonda gioia e immensa gratitudine nei confronti l'alfabetizzazione da parte della mia famiglia, di leggerla e rileggerla anche da sola.  Era un tripudio di visioni,  di sentimenti, di pensieri contrastanti, e il finale, la morte dei protagonisti nel fuoco, mi lasciava senza parole. Non c'erano i principi della cultura popolare a salvarmi. E ricominciavo da capo sperando che andasse finire diversamente ma poi l'ultima pagina era così perfetta e affascinante che  imparai ad accettarla. Il tenace soldatino di stagno, per pensiero, si avvicina a Pollicina così come al Brutto anatroccolo, la diversità qui la fa ancora una volta da padrona. Per il riscatto metafisico dei protagonisti attraverso la morte, ricorda invece La piccola fiammiferaia o La Sirenetta
Le fiabe popolari non chiudono mai con la morte. Hanno bisogno della speranza, che gli oppressi possano riscattarsi un giorno dagli oppressori.
Le fiabe di Andersen sono portatrici di un pensiero filosofico, morale, e per questo non nascondono alla vita la morte. Ma la morte che racconta lui non è mai finitudine è sempre trasformazione... La piccola fiammiferaia incontra la nonna in un migliore aldilà, la Sirenetta si trasforma in schiuma e ritorna nel mondo... il soldatino si scioglie ma nelle ceneri rimane un cuore dall'alto valore simbolico. Per questo si possono raccontare ai bambini sapendo però su quale delicato e profondo sentiero ci si sta inoltrando.

C'erano una volta, tanto tempo fa 25 soldati di stagno, nati da un vecchio cucchiaio di stagno, che indossavano un'uniforme rossa e blu. In mano avevano una baionetta e il loro sguardo era fisso, sembrava perso nel vuoto. Un giorno, il coperchio della scatola venne sollevato: "Soldatini di stagno!" gridò un bambino, battendo le mani per la felicità. Erano il gradito regalo di compleanno e il bambino iniziò subito ad allinearli. I soldatini erano proprio tutti uguali, a parte uno, il protagonista della nostra storia: era senza una gamba perché era stato fuso per ultimo e non vi era stato stagno sufficiente a completarlo. © Hans Christian Andersen/Barbara Petris, Il tenace soldatino di stagno, La Margherita Edizione, 2011

Hans C. Andersen/Barbara Petris
Il tenace soldatino di stagno,
La Margherita Edizioni, Cornaredo (MI), 2011
© tutti i diritti riservati

La sera. gli altri soldatini di stagno furono sistemati nella loro scatola e gli abitanti della casa andarono a letto. I giocattoli, invece, presero vita: chiacchieravano, ballavano, giocavano a nascondino..(© idem)

Hans C. Andersen/Barbara Petris
Il tenace soldatino di stagno,
La Margherita Edizioni, Cornaredo (MI), 2011
© tutti i diritti riservati
 

Quando l'indomani i bambini si svegliarono, sistemarono il soldatino vicino alla finestra la quale, forse per una folata di vento o per dispetto del diavoletto, si spalancò e il soldatino caddè giù dal terzo piano. (© idem)

Hans C. Andersen/Barbara Petris 
Il tenace soldatino di stagno,
La Margherita Edizioni, Cornaredo (MI), 2011
© tutti i diritti riservati


Comincia così la fiaba de Il soldatino di stagno, una delle più complesse per la moltitudine di piani di stratificazione di senso che propone. Barbara Petris, giovane illustratrice, ha scelto un'illustrazione lieve giocata, con equilibrio, su un doppio codice, quello dell'illustrazione classica e contemporanea. Una prova non facile, che Barbara è riuscita felicemente a superare. 

Due nuovi albi vanno quindi ad arricchire la biblioteca dell'immaginario del cigno di Odense. Mancano pochissimi giorni a Natale... l'albero è ormai pronto e, insieme ai bambini, attende un nuovo libro di Andersen.

In attesa...

Fantasia  - USA 1940
(estratto)



***

Barbara Petris si è appena aggiudicata il Premio della Critica, per mano di Roberto Innocenti in veste di presidente della giuria, del concorso Calendario Duemila12 promosso dall'Associazione culturale Tapirulan

Barbara Petris e Roberto Innocenti
alla consegna del premio
© tutti i diritti riservati

L'opera vincitrice
(Gennaio del Calendario Duemila12)
© tutti i diritti riservati

Questa, più una selezione di opere dei partecipanti al concorso sono esposte, insieme a una personale di Roberto Innocenti, all'interno di Privacy, mostra curata dall'Associazione culturale Tapirulan, di cui vi metto la presentazione e i riferimenti .

Privacy 
Mostra collettiva di illustratori contemporanei
dal 3 novembre 2011 al 29 gennaio 2012
Santa Maria della Pietà
Piazza Giovanni XXIII, Cremona

Ospite Speciale
Roberto Innocenti
Da capo a piedi
Anche quest’anno approda a Cremona la mostra di un grande nome dell’illustrazione: Roberto Innocenti. Nel panorama italiano dell’editoria illustrata per ragazzi, Innocenti è senza dubbio una delle personalità più rilevanti: le sue tavole dalla precisione lenticolare non solo hanno dato vita ad alcune tra le più belle pagine della letteratura di tutti i tempi – come Le avventure di Pinocchio, Cenerentola o Un canto di Natale – ma hanno anche fotografato, insieme allo scrittore Roberto Piumini, la storia del Novecento italiano nel libro Casa del tempo. Per dare la misura della grandezza di questo autore basta dire che Innocenti ha ottenuto nel 2008 il prestigioso “Premio Hans Christian Andersen“ come migliore illustratore; il riconoscimento acquisisce particolare significato se si considera che, nel corso delle numerose edizioni, egli è stato l’unico italiano ad ottenerlo. Non per questo, però, la sua prolifica attività si è interrotta e oggi la capacità narrativa di Innocenti è impegnata nella rilettura in chiave contemporanea della fiaba di Cappuccetto Rosso.
Proprio Cappuccetto Rosso è la protagonista di un'illustrazione realizzata dall'artista ad hoc per la mostra Da capo a piedi, allestita presso lo spazio di Santa Maria della Pietà dal 3 dicembre 2011 al 29 gennaio 2012. L'esposizione è stata organizzata dall’Associazione Tapirulan in occasione del concorso bandito per la realizzazione dell'ormai consueto Calendario degli illustratori della cui presente edizione Roberto Innocenti risulta presidente di giuria. L’Associazione ha varato per il 2012 un calendario dedicato al tema della Privacy, ragione per cui la mostra prende il curioso titolo  Da capo a piedi. Infatti la rassegna da una parte vuole ripercorrere in senso cronologico le diverse stagioni della vita artistica e dall’altra intrufolarsi, assai poco discretamente, nella privacy dell’illustratore costringendolo a spogliarsi, appunto, da capo a piedi. 


La mostra raccoglie oltre 70 opere originali dell’artista, costituendo una vera e propria antologica che offre al pubblico lastraordinaria possibilità di perdersi nelle affollate strade, nelle claustrofobiche stanze, nelle vertiginose prospettive minuziosamente descritte dall’autore.

A completamento dell'avvenimento la casa editrice dell'associazione, Edizioni Tapirulan, ha curato l'edizione del catalogo della personale di Roberto Innocenti. Accanto alle opere dell'artista saranno esposte a Santa Maria della Pietà anche le 12 illustrazioni selezionate per il Calendario 2012 Privacy e le 28 segnalate tra i circa 500 illustratori che hanno partecipato alla selezione. L'evento, per la sua particolare rilevanza, è stato patrocinato dal Comune di Cremona, dal Centro Fumetto, dall'Associazione Illustratori e da Sarmede – Città delle fiabe ed ha, inoltre, ottenuto il sostegno dei partner La Provincia, Fantigrafica e Macrocoop.

Orari di apertura della mostra
Santa Maria della Pietà
Tutti i giorni tranne il lunedì dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19
Sabato e domenica orario continuato dalle 10 alle 18
Chiusa il 25 e 26 dicembre 2011 e il 1 gennaio 2012

Biglietto
Ingresso libero 

Informazioni
 
Associazione Culturale Tapirulan 
via Platina, 21 - 26034 Piadena (CR) 
www.tapirulan.it/concorso-calendario 
e-mail: info@tapirulan.it 
tel: 347.6881328 / 328.8518849


Le illustrazioni e i testi sono stati pubblicati per gentile concessione di:
per Pollicina © Carlo Gallucci Editore e rispettivi autori;
per Il tenace soldatino di stagno © La Margherita Edizioni e rispettivi autori