lunedì 19 dicembre 2011

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 19

Sarah Winman, Quando dio era un coniglio,
Mondadori, Milano, 2011
© tutti i diritti riservati

Sarah Winman è nata a Londra nel 1964, ha studiato alla Webber Douglas Academy of Dramatic Art ed è un'affermata attrice inglese di teatro, film e televisione. Quando dio era un coniglio (Mondadori, 2011) è il suo esordio narrativo, un affascinante ritratto d'infanzia, "Un romanzo meraviglioso, dark e comico" come è stato definito dal "The New York Times".











David Sedaris, Holidays on Ice,
Mondadori, Milano, 2003
© tutti i diritti riservati


David Sedaris è nato a Johnson City, New York, nel 1956 da una famiglia greca che, leggendo i suoi libri, si impara felicemente a conoscere. Si è iscritto alla Kent State University dell'Ohio ma si è diplomato nel 1987 all'Art Institute di Chicago. La sua esistenza, dopo il diploma, si divide equamente in viaggi e lavori poco ortodossi. Tra questi, il più famoso è quello come Elfo di Babbo Natale nei grandi magazzini Macy's. Sarà questa insolita professione ad aprirgli ben altre possibilità nel 1992 quando alla National Public Radio propone al pubblico il racconto "SantaLand Diaries" ispirato proprio all'esperienza dei giorni vissuti come aiutante di Babbo Natale che riscuote da subito un grande successo. Nel 1994 pubblica Barrel Fever, seguono Naked (1997 - da questi due titoli sono stati tratti Ciclopi, Mondadori 2003 e Diario di un fumatore, Mondadori, 2007), Holidays on Ice (1997 con lo stesso titolo Mondadori 2003), Me Talk Pretty One Day (2000 - Me parlare bene un giorno, Mondadori 2004), Dress Your Family in Corduroy and Denim (2004 - Mi raccomando tutti vestiti bene, Mondadori 2006), Children Playing Before a Statue of Hercules ( 2005), When You Are Engulfed in Flames (2008 - Quando siete inghiottiti dalle fiamme, Mondadori 2009) e Squirrel Seeks Chipmunk: A Modest Bestiary (2010 - Bestiole e bestiacce, Mondadori 2010). Il "Publishers Weekly" l'ha definito "il miglior talento comico d?America".

È Natale, orsù è tempo di recite scolastiche. 
Sono gli ultimi giorni di preparativi, corse a comperare l'ultimo tulle, il cartoncino per fare le stelle, i baffi finti quelli che scendono, scarpe e sovrascarpe, a catturare orli sfuggenti, e poi, non vorremmo non fare un brindisi con bibite e leccornie alla fine?... e  via ad avvisare nonni e zii e la vicina che è tanto cara ad incastrare gli orari di lavoro con quelli improbabili della rappresentazione, meglio, delle rappresentazioni perché non c'è mai un solo bambino da andare vedere in qualità di genitori, parenti, amici...
Ci siamo passati tutti, e ci siamo dentro tutti o quasi.

E così, mi è venuto il desiderio di proporvi due estratti - uno per voce di bambina uno per voce di adulto - presi da due libri che ho letto, uno di recente e uno molto tempo fa, che parlano in modo meravigliosamente irriverente di questo piccolo grande evento familiare.

Il primo estratto, l'ho preso da Quando dio era un coniglio di Sarah Winman, un libro d'esordio dove l'infanzia, il suo essere per sempre, la fa da padrone. È la storia di Elly, della sua migliore amica Jenny Penny, della sua famiglia, del suo universo. Tutto comincia all'inizio degli anni Settanta, siamo in Inghilterra e la piccola Eleanor comincia a scoprire il mondo, ricco di cose belle (come la sua amichetta Jenny Penny) e cose meno belle (come le attenzioni che le rivolge un anziano vicino). Poi c'è il coniglio che le ha regalato il fratello Joe e che lei ha chiamato "dio", ma questa è una'altra storia.
Sono passati più di trent'anni, Eleanor è cresciuta e il suo mondo con lei, e quando il fratello sparisce nel crollo delle Twin Towers l'11 settembre, tutto sembra andare in pezzi. L'amicizia, l'amore fraterno ma soprattutto il magico potere che hanno i ricordi dell'infanzia sulla vita delle persone adulte vengono trattati con magistrale delicatezza, con quella grazia e quell'humour, quella profondità e quella leggerezza che formano il tessuto più intimo della vita di ciascuno di noi. Una storia che parla delle cose dell'infanzia che portiamo sempre con noi, e di quelle che vorremmo lasciarci alle spalle, per ricominciare. 

Sarah Winman © tutti i diritti riservati

La piccola Elly è stata convinta da Jenny Penny a fare insieme il provino per l'assegnazioni delle parti della recita di Natale della scuola.
A Jenny verrà assegnata la parte del polpo, a dire il vero dovrebbe fare il cammello ma  i cammelli, dice Jenny, sono sempre in coppia, confondendosi con l'Arca di Noè, e lei vuole essere un animale unico e speciale.
Elly, a causa di un provino ineccepibile ma un po' troppo sopra le righe, non farà Maria, non farà Giuseppe, non l'angelo annunciatore, non un magio, non una contadina... ma, dolorosamente, le verrà assegnata la parte del locandiere cieco.
Finalmente arriva il giorno della recita.

Il giorno della rappresentazione Jenny Penny emerse dalle ombre delle quinte simile a una tarantola gigante più che al polpo che avrebbe voluto essere, e non appena la signorina Grogney la vide lanciò un urlo, come se il diavolo in persona le avesse tagliato la gola. Non c'era tempo per toglierle di dosso il costume e fargliene indossare uno da cammello, così la signorina Grogney le ordinò di appostarsi nei recessi più bui e remoti del palcoscenico, dicendo che se avesse visto balenare anche un solo tentacolo l'avrebbe soffocata con un enorme sacchetto di plastica. Il bambin Gesù scoppiò a piangere. La signorina Grogney lo mise a tacere dicendogli che era un guastafeste. 
Diedi una sbirciatina veloce tra i drappi del sipario e scrutai la platea per vedere se mia madre e Nancy erano arrivate. Nancy mi vide e mi strizzò l'occhio un attimo prima che la salda mano della signorina Grogney si abbattesse sulla mia spalla per riportarmi all'epoca dei cristiani. 
«Rovinerai la magia se continui a guardare fuori» mi disse. Pensai: la rovinerò lo stesso, e sentii una stretta allo stomaco. «Dove sono finiti i cammelli?» gridò la signorina Grogney. «Ti tengono il muso» rispose il signor Gulliver, il nuovo insegnante, suscitando una risata generale. «Non è divertente, signor Gulliver» ribatté lei, poi nell'allontanarsi dal palco restò impigliata con il dito di un piede in un sacco ci sabbia.  
«Buona fortuna» mormorai a Jenny Penny, che si stava avvicinando alla mangiatoia con un'andatura a papera, proiettando un'ombra sinistra sulla parete di fondo. Jenny si voltò e mi regalò un sorriso immenso. Si era perfino annerita un paio di denti. Si abbassarono le luci. Stavo male. La musica crepitò in sala. Mi passai le mani sulla tunica rossa, lasciando un'impronta di sudore. Inforcai gli occhiali da sole. Nell'oscurità ero cieca. Con il mio bastone bianco pungolai una delle pecore sul sedere, e quella si mise a piangere. Mi scusami con la signorina Grogney spiegandole che non vedevo quel che facevo, al che lei mi disse «Per fortuna Dio non era cieco» e un brivido mi corse lungo la schiena. 
La paglia della mangiatoia emanava odore intenso. L'avevo portata da casa e, anche se non era pulita, almeno era autentica. Michael Jacobs, che interpretava il bambin Gesù, si stava grattando da quando lo avevano collocato in quella mangiatoia troppo grande, e sotto i riflettori i suoi lineamenti marcati, uniti a un baffo di sporco, creavano l'illusine che avesse una folta barba. Aiutadomi con il bastone, raggiunsi a tentoni al mai posizione. 
La scena dell'angelo Gabriele sembrò andare bene, e sentii il pubblico acclamare e applaudire quando Maria Disponera, la nuova bambina greca, si dimenticò la parte e disse semplicemente. "Ehi, tu, Maria. Avrai un bambino. Andrai a Betlemme". Si era aggiudicata un ruolo così importante perché i suoi genitori erano i proprietari di un ristorante greci dove la signorina Grogney poteva andare quando voleva, finché una sera non si era messa a rompere i piatti quando nessun altro era in vena di farlo. 
I pastori erano una combriccola sonnacchiosa e guardavano nella direzione opposta a quella indicata dalla cometa; vagavano per il palco con aria scontrosa e annoiata, come se fosse stato un furetto, e non il Figlio di Dio, a venire al mondo. L'ingresso dei Re Magi fu più promettente, almeno finché uno dei tre non lasciò cadere la scatola dell'incenso, che in realtà era un barattolo da tè di porcellana contenente Earl Grey. Un gemito si levò dalla platea, la madre del ragazzo cercò un fazzoletto e si mise a piangere in silenzio per la perdita di quel prezioso cimelio di famiglia. Non le aveva detto che lo avrebbe preso. Tra questi singhiozzi soffocati, una pecorina solitaria si era attardata sul palco cacciò un urlo improvviso e si accasciò sulla pancia quando un coccio aguzzo le si conficcò nel ginocchio ossuto. Nell'uscire di scena, i Re Magi la scavalcarono. Solo la signorina Grogneyebbe l'accortezza di salire furtivamente sul palco, nel cambio di scena, e trascinare fuori il bambino come se fosse un'ingombrante pelle di animale scuoiato. 
Io ero in posizione dietro una porta finta. D'improvviso qualcuno bussò. «Sììì?» dissi, come mi aveva suggerito Nancy, poi aprii la porta e feci un rapido passo avanti, nel cono di luce di Maria. Il pubblico rimase senza fiato. Nancy mi disse che sembravo una via di mezzo tra Roy Orbison e la nana di A Venezia... un dicembre rosso shocking. Non conoscevo nessuno dei due. 
«… Mi chiamo Maria, lui è Giuseppe. Non abbiamo un posto per dormire. Avete una camera nella vostra locanda?». Mi batteva forte il cuore; avevo la lingua spessa e pesante. Dillo, forzadillo. «Avete bisogno di una camera?» dissi, deviando improvvisamente dal copione. 
Vidi Maria e Giuseppe scambiarsi un'occhiata. La signorina Grogney mi stava osservando dalla quinte e sollevò il copione per indicarmelo. «Fatemi pensare» dissi. Il silenzio del teatro era palpabile, carico di trepidazione. Sentivo il mio cuore martellare, la gola serrarsi. Dillo, mi dissi, dillo. 
E poi lo dissi. «Sì» dissi. «Ho una camera con vista deliziosa a un prezzo eccellente. Venite da questa parte, prego» e così, picchiettando il bastone bianco davanti a me, misi di colpo in discussione duemila anni di cristianesimo, conducendo Maria (che ormai piangeva) e Giuseppe verso una stanza con tanto di bagno privato, televisione e minibar. 
E mentre il sipario calava per un intervallo anticipato, il Gesù barbuto venne dimenticato nella grande culla in un angolo del palcoscenico, a guardarsi intorno e immaginare come sarebbero potute andare le cose. D'un tratto spaventato dall'ombra aracnea di Jenny Penny che incedeva nella sua direzione, tentò di saltar fuori dalla mangiatoia, ma rimase impagliato con un piede nelle fasce in cui era avvolto e cadde in avanti su un masso di cartapesta che, come la signorina Grogney spiegò più avanti alla polizia, «si era indurito molto più di quanto si poteva immaginare». Sentendolo gridare la platea rabbrividì, e quando Jenny Penny cercò di guidare il pubblico nella strofa d'apertura di Cantando agli angeli, al di sopra degli accordi si potevano già udire le prime sirene dell'ambulanza e della polizia. [...] © Sarah Winman, Quando dio era un coniglio, Mondadori, 2011 

Il secondo brano, l'ho preso da Holidays on Ice. Sarà che Sedaris è nato il 26 dicembre, sarà che Natale, nelle sue tante sfumature presta il fianco a uno sguardo obliquo e dissacrante come il suo, ma i suoi racconti delle festività sono davvero esilaranti. Nel suo scrivere, tutto prende spunto da vicende autobiografiche, a partire da quelle che coinvolgono anche la sua famiglia. Alcuni dei suoi libri racconto dell'infanzia trascorsa a Raleigh nel North Carolina, dei vizi e delle virtù degli abitanti della periferia americana. Sono pagine irresistibili.
Il capitolo scelto dalla raccolta è Al centro della prima fila con Thaddeus Bristol che raccoglie piccole recensioni per mano di "critico", scritte dopo aver visto alcune recite scolastiche in occasione del Natale.

David Sedaris
© tutti i diritti riservati
Stanco Natale: i giovani attori dello Scottsfield offrono la più insulsa delle recite natalizie.
L'approssimarsi del Natale significa tre cose: pessimi film, imperdonabili programmi televisivi e spettacoli teatrali anche peggiori. Parlo di spettacoli che ti mettono fisicamente alla prova, un po' come quelli che i nostri progenitori usavano per torturare il nemico prima che fosse inventato il supplizio del cavalletto. Torture pari solo al riallestimento messo in scena allo Scottfish Dinner Theater nel 1994 di Alle donne ci penso io!, una produzione che violava ogni singolo principio della Carta dei diritti umani. A chi tra voi sa apprezzare le gioie di un bel giro nella Vergine di Norimberga non posso che consigliare uno dei tanti micidiali spettacolini che in questi giorni estorcono grida di pietà tra le pareti delle nostre scuole elementari. Senza dubbio verrò rimproverato per aver criticato il lavoro di giovani creature, ma - e su questo qualsiasi patologo converrebbe - se di cancro si tratta, meglio aggredirlo sul nascere. 
Nel caso abbiate la sventura di essere alti più di un metro e venti, l'agonia che vi attende alla scuola del Sacro Cuore comincia nell'istante stesso in cui prendete posto sulle sedie. Trattasi infatti di minuscoli e perfidi seggiolini stipati all'inverosimile in un sedicente "teatro", infestato dall'indomito fetore di lasagne prodotte in quantità industriale. Quello che mi domando non è tanto perché si sia deciso di allestire la produzione in una sala mensa rozzamente camuffata, quanto perché si sia deciso di allestirla tout court. La storia del primo Natale è un sopravvalutato mattone in salsa festiva, più adatto senza dubbio a chi cerca un rimedio estremo contro l'insonnia cornica. Benché il programma di sala non riporti il nome del regista, l'abulica messa in scena lascia intravedere la fiacca, parzialmente paralitica mano di suor Mary Elisabeth Bronson, la quel peraltro avrebbe già dovuto essere scomunicata all'indomani del disastroso programma teatrale offerto l'anno scorso in occasione del Ringraziamento. Anche in questo caso, i giovani attori provenienti dalle classi prima, seconda e terza elementare hanno ravvivato il palcoscenico con quell'entusiasmo che solitamente i bambini riservano alla vaccinazione antivaiolosa. Ma come biasimarli per tale assenza di vitalità, dal momento che il copione, arido e scialbo come pochi, invece di dialoghi scoppiettanti offre solo asserzioni perentorie che non ammettono replica?
Maria a Giuseppe: «Sono Stanca». 
Giuseppe a Maria. «Stanotte ci fermeremo qui».

Non c'è fuoco, non c'è ritmo e ben presto al pubblico questo rapporto privo di passione viene a noia.
Nel ruolo di Maria, Shannon Burke, di sei anni, riesce a malapena a farci credere di essere vergine. La sua presenza scenica è stucchevole e compiaciuta, e la sua interpretazione ha come unico punto di forza la capacità di sollevarsi la gonna e, in rarissime occasioni, di aprire gli occhi. Nell'accozzaglia informe si registra inoltre la presenza di un manipolo di pastori scarsamente concentrati, oltre che di tre Re Magi settenni che darebbero del filo da torcere a Qui, Quo e Qua. Venendo all'impianto luci, alla scuola elementare del Sacro Cuore hanno scelto di affidarsi alle sole lampadine della sala, attivate dai detestabili e invadenti genitori responsabili della messa al mondo di questi zombi che barcollano avanti e indietro sul pavimento di linoleum della mensa. In determinate circostanze l'orgoglio parentale è un fenomeno comprensibile, ma in teatro è del tutto fuori luogo, poiché incoraggia il figlio a credere in un talento che, il più delle volte, molto semplicemente non esiste.Perché una recita natalizi funzioni deve toccare l'animo di tutti gli spettatori, a prescindere del loro grado di parentela con gli attori in scena. Per quanto mi riguarda, questa produzione mi ha visto schierato con lo sbadigliante staff del rinfresco. 
A un certo punto, indicando con un cenno l'enorme cesta che fungeva da mangiatoia, uno dei Re Magi particolarmente ottuso ha proclamato. «Lì dorme un neonato».
Be', qui invece dorme un adulto. [...] © David Sedaris, Holidays on Ice, Mondadori, 2003  


Per i testi:  
© Sarah Winman, Quando dio era un coniglioMondadori, 2011
© David Sedaris, Holidays on IceMondadori, 2003

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