martedì 23 dicembre 2014

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 23


Stefano Ricci, La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)


Stefano Ricci, artista eclettico, pittore, grafico, illustratore, fumettistaè nato nel 1966 a Bologna vive e lavora ad Amburgo. Disegnatore, dal 1985 collabora con la stampa periodica e l’editoria in Italia e all’estero (“Frigidaire”, “Per Lui”, “Dolcevita”, “Avvenimenti”, “Linea d’ombra”, “Il Manifesto”, “Esquire”, “Panorama”, “Teléma”, “Extra”, “Glamour”, “HP”, “Follow me”, “Liberation”, “Les Inrockuttibles”, “Internazionale”, “Alias”, “Lo Straniero”, “Tèlèrama”, “La Repubblica” ecc.). Depositonero, centoventidisegni (Mano ed. e Freon ed., 1999) e Depositonero/2 (Infinito ed., 2002) raccolgono una scelta di lavori. Nel 1997 pubblica Tufo, su sceneggiatura di Philippe de Pierpont, selezionato al Festval di Angoulème. dal 1994 firma progetti di immagine coordinata e di collane editoriali per le quali è stato selezionato sull’ADI, Design Index 2000, per il premio Compasso d’oro 2000.
È curatore della collana "Edizioni Grafiche" della stamperia e galleria d'arte  Squadro di Bologna (dove potete ammirare e acquistare le sue opere) dal 1995 ed è il fondatore e co- direttore della rivista "Mano und gestaltet Plakate".
Dal 2005 è docente della Fakultät Medien, Information und Design di Amburgo e dal 2004 è docente del corso di fumetto e grafica contemporanea al D.A.M.S. Gorizia, Università degli Studi di Udine.
Dal 2003 è direttore artistico di “Bianco e nero” rivista del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. insegna disegno all’Università delle Arti Applicate di Amburgo. Dal 2008 dirige, con Anke Feuchtenberger la casa editrice MamiVerlag.


La storia dell’Orso ha preso la sua forma nell'estate del 2013 ed è uscita nel gennaio di quest'anno in Francia per la casa editrice  Futuropolis, ottenendo un clamoroso successo.



La prima volta che ho preso tra le mani questo libro, mi è venuto in mente un pensiero di Stefano Ricci che mi ero trascritta su un quaderno durante la visita alla sua prima personale, "Il ritorno dell'orso, alla Galleria Forni, qui a Bologna.


Era il 2008, e forse qualcosa di questo libro aveva già avuto inizio, perché quella frase mi sembra oggi un'indicazione precisa, perfetta, da seguire entrare nelle sue pagine.



«Io non so di poter disegnare quello che voglio disegnare, 
così l’unica cosa che posso fare è cercare di far succedere un caos un po’ umido, 
una specie di pozzanghera nera nella quale mi butto a volte 
con un piacere così grande che alla fine, quando torno in superficie, 
tutto mi sembra che sia stato anche molto bello».

Stefano Ricci




Stefano Ricci, mentre faceva il servizio civile sulle ambulanze, scriveva quasi ogni giorno al suo amore, Anke, soprannominata Stellina, per descriverle i suoi giorni, i viaggi, i paesaggi attraversati dalle stagioni che passano. Un sorta di diario. Le racconta anche i suoi sogni notturni, in cui la sua vita quotidiana e ricordi, recenti o dell’infanzia costituiscono un nuovo gioco, che ospitano il padre, la madre, lo zio, e Anke.

Le racconta anche molto altro, in un serrato dialogo intimo, che lascerò dirvi dalle parole dell'editore, poi capirete il perché di questa scelta
:



«La storia dell’orso è un album completamente atipico, raro e prezioso di più di 400 pagine interamente illustrato che mette in scena il viaggio iniziatico di un giovane che sta facendo il suo servizio civile come infermiere in un’ambulanza sugli Appennini. Pagina dopo pagina racconta alla sua fidanzata Stellina le tappe del suo percorso, descrive i paesaggi e le stagioni, evoca i sogni e gli incontri. 

Il filo rosso del racconto è un fatto di cronaca che l’autore scopre da un quotidiano sloveno. La storia della fuga di un orso selvaggio ferito che si aggira tra l’Italia e la Germania, inseguito da un gruppo di cacciatori che hanno il compito di abbatterlo. Trovato da una ragazza che confida la sua scoperta a un amico, un uomo che capisce la lingua degli animali, riescono insieme ad accompagnarlo nel suo naturale letargo in un luogo nascosto. Ma al suo risveglio…


«La prima volta che ho sentito parlare dell’Orso ero a Gorizia. 
Da un giornale locale ho ritagliato la fotografia dell’Orso in piedi, 
le zampe come braccia abbassate. Guarda dritto verso di me.»



Il filo rosso... Raccontato da Stefano Ricci


Man mano che il racconto va avanti i piani di lettura sembrano moltiplicarsi e fondersi mentre il testo e le immagini, di una forza inaudita, come può immaginare chi ha consuetudine con l’opera di Stefano Ricci, conducono il lettore a un’immersione sensoriale totale in una storia dove gli animali parlano, l’orso progressivamente si umanizza e introduce i suoi accompagnatori in un universo che loro non avrebbero mai neppure lontanamente immaginato.»

Non capita tutti i giorni di imbattersi in un libro illustrato che sia intimamente e manifestamente un'opera d'arte. 

Perché, credo, sia proprio questa l'operazione che Stefano Ricci ha intrapreso nel portare a compimento questo progetto.




Stefano Ricci, La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)


Inutile, quindi, tentare di scomporre il curatissimo e senza dubbio lussuoso La Storia dell'Orso come fosse solamente un libro scritto e illustrato da uno dei migliori artisti, ormai riconosciuti come tali da tempo, del panorama nazionale e internazionali. 


Stefano Ricci, La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)

Inutile, perché La Storia dell'Orso si pone da subito come un'opera d'arte sferica e intangibile, non assimilabile, e forse lontana mille anni luce, da generi come la graphic novel e il memoir per immagini. 
Troppo potente, infatti, è la distonia, basti vedere tutta la prima sezione del racconto, tra la parte narrativa e parte pittorica. Troppo potente la stratificazione dei diversi piani narrativi, dove certamente ci sono elementi di trait-d'union tra l'uno e l'altro, ma volutamente non convergenti in prevedibili schemi finzionali. 


Stefano Ricci, La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)


Non c'è dubbio che anche le pagine di quest'opera siano pervase dalla potenza onirica, evocatrice, struggente, e perturbante di Ricci, quella che ne fa un artista assolutamente unico, ma quello che qui colpisce di più è la capacità di riuscire a penetrare in un immaginario denso e composito, si potrebbe dire multiplo, legato tanto all'esperienza individuale quanto a quella di un mondo altro e dell'altro da sé e di riuscire a domarlo a plasmarlo in una nuova forma narrativa.


Stefano Ricci, La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)


Un "altro", fatto di immagini ritrovate e cercate, forse, per anni. 


«Disegnando La storia dell'Orso 
ho fatto molte fotografie e molte le ho prese dai giornali o dove mi capitava.
Io e Anke Feuchtenberger, la mia compagna, nella nostra lingua semisegreta,  
chiamiamo questi materiali «legna da ardere».

Alcune di queste immagini, non molte, le ho tenute con me,
sul mio tavolo. Il 16 settembre un mio amico è venuto a trovarmi,
gli ho fatto vedere i disegni dell'Orso
e anche le fotografie e ho sentito di volerle condividere 
anche con le persone che avrebbero letto il libro.

Queste immagini, sono diventate come delle scatole,
ognuna contiene molte cose che non conosco,
e anche degli enigmi.
Oggi è il 16 settembre, ho appena finito l'ultimo disegno del libro
e credo di aver compreso alcuni di questi enigmi,
raccontando La storia dell'Orso»

Stefano Ricci




Stefano Ricci,
La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)

E in questo anche la parte letteraria trova una frammentazione propria di una grande opera d'arte. Infatti, mentre leggiamo, non ci interessa mai sapere il prima e il dopo, ma è l'adesso e la doppia pagina che stiamo contemplando in questo momento che ci porta in questo bosco e in questo inverno permanente che invade La Storia dell'Orso

Ci troviamo, così, inaspettatamente, di fronte alla geniale impossibilità di ricavare una facile sinossi di questo lavoro, in caso contrario il rischio è quello di non riuscire a dare il senso della sua complessità, di precipitare nel baratro della banalità.


Mi piacerebbe molto, davvero, perché sono tanti e diversissimi tra loro, elencarvi tutti gli argomenti presenti in quest'opera ma non posso perché, per dirvi, sarebbe come contare quante volte Keith Jarrett suona il Fa diesis nel Köln Concert o parlare di Pollock facendo un elenco di tutti i colori usati in Number 1 o in Number 11



Non avrebbe senso. 



Oppure, ancor meglio, quel senso non sarebbe quello di un'operazione come questa. 
Perché, credetemi, questa "Storia dell''Orso" non solo è coraggiosa ma è qualcosa di atemporale, in un certo senso, in quanto questo tempo non la rappresenta; piuttosto è lei che vuole rappresentare il proprio tempo, il proprio spazio, il proprio segno. E, nel farlo, si basta.

Anche per questo, Stefano Ricci e Quodlibet meritano l'inchino che si tributa a chi, fidandosi solo del proprio talento, butta carte tracciate e note per dedicarsi a percorsi sconosciuti e sicuramente più impervi ma in prospettiva più interessanti, evocativi e vivificanti.



Stefano Ricci, La storia dell'Orso,
Quodlibet, 2014
(pp. 432 euro 28,00)

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