giovedì 22 gennaio 2015

«NON CI È CONCESSO LASCIARE IL MONDO COSÌ COM'È.» L'ATTUALITÀ DEL RICORDO DI JANUSZ KORCZAK


"Voi mi dite: «Siamo stanchi di stare con i bambini». 
Avete ragione. 
E dite ancora: «Perché dobbiamo abbassarci al loro livello. 
Abbassarci, chinarci, piegarci, raggomitolarci». 
Vi sbagliate.
Non questo ci affatica, ma il doverci arrampicare fino ai loro sentimenti. 
Arrampicarci, allungarci, alzarci in punta di piedi, innalzarci. 
Per non ferirli."

- Janusz Korczak -


Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015 (pp. 64 euro 16,90)
- in uscita oggi-


Irène Cohen-Janca è nata nel 1954 dall’altra parte del Mediterraneo, a Tunisi, dove ha trascorso la sua infanzia fino alla partenza per la Francia, nel bel mezzo di un’estate. Ha vissuto molti anni a Parigi dove, dopo essersi laureata in Lettere Moderne, è diventata bibliotecaria. Da qualche anno si è trasferita nella regione dell'Essonne, dove prosegue il suo lavoro in biblioteca. Nel 2000 è cominciata la sua collaborazione con Editions du Rouergue, con cui ha pubblicato moltissimi racconti e romanzi per ragazzi. Tra gli ultimi fra cui ricordiamo il romanzo Docteur Pim et moi (2014), La tour Eiffel est amoureuse con i disegni di Maurizio Quarello (2014), il romanzo Au moins un (2014), Le plus vieux de la classe (2009), Les arbres pleurent aussi illustrato da Maurizio A.C. Quarello (2009), Le chant de l’innocent (2008), Petite comme un poing illustrato da Candice Hayat (2008), Je veux un vieux Noel illustrato da Caroline Dall’Ava (2007), La Mine à bonbecs illustrato da Laurent Moreau (2006). Nel catalogo di Orecchio acerboIl grande cavallo blu (2012) e L’albero di Anne (2010, di cui potete leggere qui) entrambi illustrati da Maurizio A.C. Quarello.

Maurizio A. C. Quarello è nato nel 1974 a Torino, dove ha studiato grafica, architettura e illustrazione. Dopo varie esperienze nella pubblicità e nella pittura naturalistica, dal 2004, si è dedicato all’illustrazione per l’infanzia. Ad oggi, sono ormai una quarantina i titoli pubblicati dalle più interessanti case editrici in Spagna, Francia, Svizzera, Italia.
I suoi libri hanno ricevuto quattro volte il premio per il migliore albo dell’anno pubblicato in Italia, e i premi Mejor Editados e il Premios Visual in Spagna, White Ravens in Germania, Livres au trésor e Prix des Incorruptibles in Francia, il Prix Versele in Belgio. Ha esposto in mostre personali e collettive in Italia, Francia, Spagna, Stati Uniti, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Iran, Giappone, Cina e Corea. Nel 2007 ha rappresentato l’Italia alla Biennale di Illustrazione di Bratislava.  Fra i suoi ultimi libri usciti in Italia, Manuale di Zoologia Fantastica, illustrazioni animate da Luigia Giovannangelo (ELSE Libri Serigrafici E altro/Orecchio acerbo, dicembre 2014 - qui in Gavroche), Occhiobrusco e Taccuino di un animalista (entrambi pubblicati da Logos nel 2009). Nel catalogo di Orecchio acerbo: Fuorigioco di Fabrizio Silei (2014), Mio padre, il grande pirata di Davide Calì (2013 - qui in Gavroche), Il grande cavallo blu di Irène Cohen-Janca (2012), Janet la storta di R. L. Stevenson (2012), Effetti collaterali (2011), L'autobus di Rosa di Fabrizio Silei (2011), L'albero di Anne di Irène Cohen-Janca (2010), Toni Mannaro di Manuela Salvi (2006) e Babau cerca casa (2005), il suo libro di esordio. 


L'ultimo viaggio è idealmente dedicato dagli editori a:




Aron Koninski e Janowska, alla guida del loro orfanotrofio
Dabrowski, a capo dell’orfanotrofio di via Twarda 7
Broniatowska, del rifugio per bambine di via Sliska 28
Szymanski, della Casa del Bambino di via Wolnosc 14
Goldkorn, del rifugio per bambini di via Wolnosc 16
Sara Grober Janowska e tutto il personale, 
dell’istituto per bambini piccoli di via Dzielna 67




Perché, mi ha spiegato Paolo Cesari, citando Laura Quercioli Mincer:


«la marcia del Vecchio Dottore, di Stefania Wilczynska e degli gli altri educatori alla testa dei duecento bambini dell’orfanotrofio attraverso le strade del ghetto è giustamente entrata nell’iconografia e nella leggenda. Non è però l’unico esempio di educatori che abbiano volontariamente seguito i bambini ai vagoni per Treblinka [n.d.r. nello stesso giorno di Korczak, furono deportati altri 4000 orfani insieme ai loro educatori]. Tutti costoro, e certamente molti altri ancora, avrebbero potuto cercare una se pur improbabile salvezza, ma hanno scelto di non abbandonare i propri protetti.» Laura Quercioli Mincer, "Un manicomio o un carcere. Il Diario del Ghetto di Janusz Korczak" in Janusz Korczak, un'utopia per il tempo presente, ©"Quaderni di Palazzo Serra" 24 a cura di Laura Quercioli Mincer e Luisella Battaglia (2014).


Janusz Korczak, un'utopia per il tempo presente
a cura di Laura Quercioli Mincer e Luisella Battaglia
©"Quaderni di Palazzo Serra" 24   
(2014, 
qui online)


Janusz Korczak (Varsavia, 22 luglio 1878/9 – Campo di sterminio di Treblinka, probabilmente il 6 agosto 1942) pseudonimo di Henryk Goldszmit, è stato pedagogo, pubblicista, scrittore, medico, militante sociale polacco di origine ebraica, noto anche come Il vecchio Dottore o Il signor Dottore. 

Polacco, di famiglia agnostica, ebreo (scoprì tardi di esserlo) nato ricco e divenuto povero, si fece medico e uno dei pediatri più ricercati a Varsavia. Decise di non sposarsi, ma si dedicò per circa quarant’anni a centinaia di bambini e ragazzi privi di genitori.


«Nel saggio "Can education be the meeting place of all humanity? Universal Humanism in the thought and practice of Janusz Korzack", Moshe Shner ipotizza che Korczak – non pienamente appartenente alla comunità ebraica né del tutto accettato dalla società polacca – abbia elaborato, con la sua opera pedagogica, un "umanesimo universale" sfociato in un'idea del mondo dell'infanzia come di una patria per l'intera umanità. Shner vede in Korczak un eroe tragico, non solo per il suo destino, ma per la sua situazione di non appartenenza: tale condizione di 'straniero' diverrà tuttavia la molla di una missione morale che lo spingerà a lottare per la dignità umana, costruendo una "casa ideale" per i bambini tale da superare le antiche frontiere della società europea. In tal modo Korczak crea il suo mondo, il mondo universale di tutti i bambini, elaborando un cosmopolitismo in parte legato alla filosofia stoica, in grado di unire gli uomini di tutte le nazionalità: un'utopia capace di ispirarci ancora oggi». Luisella Battaglia, "Introduzione", in ©"Quaderni di Palazzo Serra" 24 , op. cit., pp. 5-6.

Da studente di medicina Korczak scoprì un forte interesse per le condizioni di vita dell’infanzia, tanto che, poco più che ventenne, agli inizi del Novecento, visitò i quartieri più miseri di Varsavia e denunciò in articoli scritti per un'importante rivista polacca la situazione drammatica dei bambini “trattati con il guinzaglio”, ricchi o poveri che fossero. Più tardi andò a perfezionare la formazione medica a Berlino e a Zurigo, nella celebre clinica neurologica dell’università, cercando, nella città natale di Pestalozzi, di comprendere meglio il messaggio di questo educatore che ammirava profondamente.

«Anche Dario Arkel, nel saggio "Conoscere la gioia dell'infinito libera dalla paura. L'innovazione di Janusz Korczac", sottolinea la modernità rivoluzionaria di un pensiero caratterizzato dalla capacità di resilienza e della volontà di credere nel futuro. Come tutti i Giusti dell'Umanità, Korczak ha saputo guardare al di là del suo presente. La sua visione dell'infanzia è quella di un autentico innovatore per il suo porre al centro l'essere e non l'avere, quell'essere che ha il volto del bambino, “il più audace dei viventi”, ma anche “il più antico proletario del mondo”. Coniando il suo celebre motto - “è l'adulto a doversi innalzare al bambino” - Korczak, oltre a tracciare le linee di una vera etica del rispetto, inaugura un approccio pedagogico in grado di trasformare il rapporto adulto/bambino in un atto creativo in cui entrambi possano crescere. Se ogni bambino – osserva Arkel – è "infiniti mondi", un adulto che sappia interiorizzare il sé bambino è un artista del cambiamento, che coltivi la curiosità dell'apprendimento.» Luisella Battaglia, "Introduzione", in ©"Quaderni di Palazzo Serra" 24 , op. cit., p. 6.



Korczak fu un precursore delle lotta a favore di una totale uguaglianza dei diritti del bambino, l'attuale "Convenzione Internazionale dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza" prende spunto dal paragrafo 37 del libro Come amare un bambino (redatto nel 1914 e pubblicato nel 1929), dove Korczak richiedeva la costruzione di una Magna Charta Libertatis dei diritti del bambino e, a dire il vero, dalla sua intera opera. 

«Janusz Korczak è fra le più grandi autorità intellettuali e morali del nostro tempo. La sua biografia, la sua attività in ambito sociale e culturale, medico, letterario, pedagogico, ha oltrepassato i limiti tradizionali fra i popoli, le religioni, gli orientamenti politici, gli strati sociali. La divisione più importante e difficile da superare per Korczak era quella che separava gli adulti dai bambini. [Korczak] ha dimostrato che il bambino è una persona, un essere umano, non soltanto un suo anticipo. È un essere umano qui ed ora. Ha la sua dignità e i suoi diritti. Ha il suo posto civico all'interno della famiglia, nella società locale e in quella allargata. La dignità del bambino, i diritti del bambino e il suo diritto alla cittadinanza sono tre concetti di cui siamo debitori a Janusz Korczak.» Lettera aperta del 2 gennaio 2012 di Marek Michalak, Portavoce dei diritti del bambino presso il Parlamento polacco (figura forse unica in Europa, istituita alla fine degli anni Novanta con chiari riferimenti all'insegnamento di Janusz Korczak) in occasione dell'apertura dell'anno dedicato a Janusz Korczak (in ricorrenza del settantesimo anniversario della deportazione del pedagogo e del suo orfanotrofio nel campo di sterminio di Treblinka e del centenario della fondazione, da parte di Korczak, del primo orfanotrofio a Varsavia).

Nelle istituzioni da lui fondate -  la prima, il Dom Sierot (La Casa dell'Orfano), l'orfanotrofio di Via Krochmalna a Varsavia il 7 ottobre 1912 - introdusse l’autogestione, dando agli educandi il diritto di deferire anche i propri educatori a un tribunale unicamente composto da ragazzi, come doveva essere in una vera Repubblica dei bambini.


«La Casa degli Orfani a Varsavia in via Krochmalna è un grande edificio luminoso che non somiglia a una scuola o a una caserma: in essa vorrebbe ospitare ragazzini ebrei e cattolici, ma la cosa non è consentita. Accoglierà solo bambini e ragazzi ebrei di entrambi i sessi: laico non credente, vuole
che ci sia una stanza silenziosa, raccolta, dove chi di loro desideri recitare il Kaddish, la preghiera per i genitori perduti, possa farlo liberamente. [...]
La Casa come una piccola repubblica: così a gradi la organizzerà. La gestione un potere condiviso tra tutti quelli che vivono al suo interno, mentre la responsabilità è tutta del “piccolo dottore”. [...]
Nella Casa le regole di vita sono uguali per tutti, senza privilegi di sorta; il clima, mai punitivo, è impostato sul perdono, sul dare sempre un’altra opportunità. [...]
Una così ampia comunità ha anche un tribunale, dove si possono denunciare torti e offese subiti. Pietra miliare della sua organizzazione interna, è composto da cinque giudici eletti ogni settimana dai ragazzi tra coloro che non hanno questioni in sospeso. Per orientarsi i giudici consultano un codice-base preparato dallo stesso Korczak. Chiunque può affiggere un’accusa alla tavola nella sala da pranzo o denunziarsi per qualcosa di sbagliato di cui si sente responsabile, come più volte fa lo stesso dottore per motivi di equità. [...] Korczak vuole trasmettere una idea sana di giustizia: il tribunale non è la verità, ma questa è il suo fine. Sua intenzione è allenare i ragazzi a non fermarsi alle apparenze, non cercare cavilli e scuse, ma a capire le ragioni dell’altro con l’obiettivo di stabilire la realtà dei fatti. Questo insolito tribunale, gestito principalmente dai giovani pur con la presenza degli adulti, è criticatissimo all’esterno con la solita ipocrisia: tutti sanno che nei collegi e nelle scuole sono preferite le punizioni anche corporali inflitte dagli adulti, così come è consentito il mondo sotterraneo delle spiate, dei sadismi, leggeri
o pesanti. Korczak non si lascia distogliere dal suo senso sicuro di protezione, dalla sensibilità che lo porta a cogliere i minimi segnali di sofferenza nel viso, nel corpo di uno qualsiasi dei suoi protetti; perfeziona il sistema discutendo con loro, ascoltandoli e guidandoli.» Grazia Honnegger Fresco, "Prefazione" a Janusz Korczak, Il diritto del bambino al rispetto, edizioni degli asini, Roma, 2011/2015, pp. 7-10.


«Lì vennero bandite le punizioni corporali e la privazione del cibo, metodi violenti (e inefficaci) applicati con grande frequenza nelle famiglie e nei collegi di tutto il mondo. Korczak definì questi metodi, nel 1923, “punizioni criminali”. Nel 1914 Korzczak fu richiamato in guerra, come ufficiale medico dell’ esercito russo, e dovette lasciare alla sua assistenze, per un lungo periodo, la direzione dell’ospedale: dal 1915 al 1917 lavorerà in un ospizio ucraino per bambini, vicino a Kiev.  Non fece in tempo a smobilitare che, nel 1919, dovette tornare al fronte, questa volta con l’uniforme di ufficiale dell’esercito polacco, nella guerra polacco-russa. Lavorò all’ospedale per le malattie infettive dell’importante città industriale di Łódz.
Nella Polonia tornata, seppur tra mille difficoltà sociali, nazionali ed economiche, un paese sovrano e indipendente, Korczak si dimostrò una miniera di iniziative e pubblicazioni. Nel 1921, avendo ottenuto in dono un terreno con degli edifici a Gocławek, vicino a Varsavia, vi istituì un Centro di vacanze estive per i ragazzi della Casa dell’Orfano (chiamato “Rózycka”, Rosellina). In un campo preso in affitto mise all’opera i suoi bambini nel giardinaggio e nell’agricoltura, teorizzando il fatto che un elemento molto importante della crescita è il saper procurarsi il cibo (e i fiori) con il proprio lavoro.» Francesco M. Cataluccio, "I bambini del dottor Korczak", Il Post  4 dicembre 2014.


Fondatore della prima rivista al mondo redatta da soli bambini (nel 1926 la “Mały Przegląd”, supplemento settimanale del quotidiano ebraico-polacco “Nasz Przegląd”, che avrebbe redatto per quattro anni), fu un pioniere nel campo della risocializzazione dei minori, della diagnosi in età pediatrica e della tutela del bambino difficile.

«Fu Janusz Korczak ad assicurare al bambino il suo posto, restituendogli personalità e diritti, quale principe di poeti e quale pianta che per crescere e fiorire ha bisogno di sole, aria, amore, rispetto. Egli ha dedicato tutta la sua vita ai più infelici tra i bambini, gli orfani, vicino a loro fino allo sterminio crudele a Treblinka». Miriam Novitch in Dario Arkel, "Conoscere la gioia dell'infinito libera dalla paura. L'innovazione di Janusz Korczak" in ©"Quaderni di Palazzo Serra" 24, op. cit., p. 78. La frase è stata ripresa da Arkel dal libro di Anna Teresa Rella, Janusz Korczak, una vita per l'infanzia, Archinto, Milano, 1998, pp. 7-8.


A partire dal 1896 Korczak aveva iniziato a collaborare a molti periodici con testi umoristici, articoli a sfondo sociale, civile e pedagogico, tra i titoli più importanti 
Come amare un bambino (cit.,  Luni Editrice, 2013) e Il diritto del bambino al rispetto (1929, edizioni dell'asino, 2011 e che ritorna nelle librerie dal prossimo 2 febbraio, il suo celebre manifesto dei diritti dell’infanzia, un testo perfetto, ancora insuperato, un libro fondamentale per chi ancora oggi si occupa d'infanzia) e scrisse anche una quindicina di romanzi per bambini e sui bambini, tradotti in molte lingue e popolari anche all’estero (Re Matteuccio I, pubblicato dalla Emme Edizioni di Rosellina Archinto torna oggi come Re Matteuccio I. Il re bambino, Progedit, 2014). Il suo Diario dal ghetto (1939-1942 pubblicato nel 1958, Castelvecchi, 2013) è ritenuta una delle più luminose testimonianze del periodo dell'occupazione nazista della Polonia. 



Janusz Korczak,
Il diritto del bambino al rispetto,
traduzione dal polacco di Anastazja Buttitta,
edizioni dell'asino, Roma (2011, pp. 66 euro 10,00)

- ristampa in uscita il 2 febbraio

Insieme, Korczak condusse, a partire dal 1934, una vasta attività di divulgazione radiofonica a difesa dei diritti del bambino. Nonostante il loro successo in vasti segmenti della società polacca, le Piccole chiacchiere di un vecchio dottore” vennero interrotte per le proteste di alcuni radioascoltatori, irritati dall’identità etnica del loro autore. Nel 1937 fu insignito dell’onorificenza "Alloro d’Oro" dall’Accademia Polacca della Letteratura. Korczak tornò a parlare alla Radio Polacca nel settembre 1939, all’alba dell’inizio della guerra.


«È il 29 novembre 1940 quando l’orfanotrofio al completo è costretto a lasciare via Krochmalna per la via Chlodna nel Piccolo ghetto: i ragazzi piccoli e grandi - 170 in tutto -  si muovono in gran corteo come se fosse una parata portando lampade, disegni, bandiere, gabbiette con piccoli animali. Alcuni tra i grandi tirano carretti pieni di patate, faticosamente reperite. Il portiere Zalewski che è con loro da oltre vent’anni vuole seguirli, ma viene brutalmente malmenato a colpi di fucile in quanto “ariano al servizio di giudei”.
Korczak porta con sé scritti, documenti, annotazioni sulla crescita di ogni bambino – una scrittura minuta, ordinata – e un quaderno da scrivere. Tutto questo scomparirà negli incendi dell’insurrezione (autunno 1944) salvo il Diario, in pratica gli ultimi mesi di vita nel ghetto, trovato da un ragazzo dopo che erano partiti per Treblinka (4 agosto 1942). Consegnato a un conoscente del dottore sarà ritrovato solo dopo la guerra nei muri dell’orfanotrofio non ebraico di Bielany, dove era stato nascosto da Maryna Falska.
La vita inimmaginabile per la fame e le malattie, lo spettacolo continuo di morte, soprattutto quando furono costretti a traslocare ancora in via Sliska, lui debilitato al massimo e tuttavia deciso a seguire in parte anche un altro orfanotrofio in via Dzielna (“una casa prefuneraria per bambini”), tutto questo è stato descritto in modo magistrale e profondo da Andrzej Wajda in Dottor Korczak, un film del 1990 dove emerge la cura amorevole del dottore verso i suoi orfani, ma anche il coraggio con cui li prepara ad accettare la fine: la morte come evento naturale per tutte le forme di vita.»  Grazia Honnegger Fresco, "Prefazione" a Janusz Korczak, Il diritto del bambino al rispetto, edizioni degli asini, Roma, 2011/2015, pp. 16-17.


La mattina del 5 agosto del 1942 l’area del cosiddetto Piccolo Ghetto venne attorniata da reparti delle SS e dagli ascari, soldati ucraini e lituani. 
Korczak era alla testa del corteo che conduceva i suoi 192 bambini, insieme a 10 operatori, sulla Umschlagplatz (il luogo di raccolta e partenza dei deportati). Senza cappello, con gli stivali militari, si racconta portasse in braccio due bambini.

Al suo fianco, l'inseparabile Stefania Wilczyńska, Pani Stefa, la Signora Stefania, anche lei pedagoga e figura rilevante non solo per quanto riguardava le attività di cura degli ospiti della "Casa", ma anche per la supervisione dei progetti e l'intera organizzazione. Wilczyńska dedicò la sua intera vita alla Casa degli Orfani, a partire dal 1912 e con Korczak introdusse nuovi e originali metodi educativi. Fu sempre lei ad assumere, alla chiamata alle armi di Korczak nel 1914, la piena responsabilità della struttura in un momento in cui il numero dei bambini cresceva a dismisura, le condizioni materiali peggioravano e i problemi finanziari aumentavano. Con Korczak, che avrebbe potuto salvarsi, e i bambini condividerà l'eroica decisione finale fino alle camere a gas di Treblinka.

Al racconto della vita e del pensiero di Janusz Korczak è dedicato L'ultimo viaggio, il libro di Iréne Cohen-Janca e Maurizio A.C. Quarello che esce oggi nelle librerie per mano della casa editrice Orecchio acerbo.


Per parlarvi di questo libro, tanto bello quanto importante, è necessario partire dall'inizio. Da una suggestione nata da una riflessione sulla scelta della copertina che l'editrice Fausta Orecchio ha deciso di condividere sulla sua pagina FB il 19 gennaio:


«A tutti corsi di editoria insegnano che ci sono tre cose che non devi sbagliare: titolo, copertina e prezzo. “L’ultimo viaggio “ di Irène Cohen-Janca e Maurizio Quarello sta per arrivare in libreria e abbiamo molto discusso su quale fosse la copertina migliore. A me e Maurizio piaceva il corteo che attraversa il ponte, a Simone e Carla, il dottor Korczak con i bambini visti di fronte. Paolo si asteneva dicendo che una copertina andava bene per un verso, e l’altra da un altro punto di vista. Alla fine le posizioni si sono rovesciate e abbiamo scelto quella con il gruppo frontale. In Francia e Corea hanno invece deciso per l’altra, mentre in Canada e negli U.S.A. il libro uscirà con la nostra stessa copertina. Avremo tutti scelto bene?»




Dopo aver letto l'estratto che vi propongo di seguito, e nell'ottica della scelta della casa editrice di aggiungere con L'ultimo viaggio un'altra delle più grandi e innovative figure di costruttori di ponti al suo catalogo, i dubbi si placano (anche se, ben inteso, l'illustrazione di copertina si riferisce al "primo viaggio" di Pan Doktor con i suoi bambini, quello da 
via Krochmalna 92 a via Chlodna 33 nel Piccolo ghetto, quello effettivamente fatto con la bandiera verde di Re Matteuccio I, e non a quell'ultimo di cui si parla qui):

«[...] La creazione della Casa degli Orfani, un luogo in cui la competenza scientifica riesce a congiungersi a una appassionata umanità, è la straordinaria risposta a una delle più intollerabili ingiustizie, quella della irredimibile sofferenza che la sorte, la crudeltà, le disperate condizioni di vita infliggono all'infanzia.
Speranza è, a mio avviso, la parola chiave per intendere l'etica di Korczak nell'abissale differenza rispetto all'ottimismo. […] La speranza va ben al di là della meta, amplia lo spazio futuro, cerca un senso e identifica orizzonti di senso. In una parola, la sua dimensione è escatologica. Per questo non si lascia abbattere dalla sconfitta o dal dolore: opera in vista di un ideale di cui si potrà non vedere l'affermazione ma di cui non cessa di preparare l'avvento. Queste considerazioni mi sono tornate in mente dinanzi all'atto finale della vita di Korczak, al suo modo di affrontare la morte col corteo ordinato dei 'suoi' bambini. Come intendere tale comportamento? Accettazione della sconfitta, rassegnazione al destino, rinuncia a combattere? O, invece, messaggio di forte speranza, di cui è chiaro simbolo la bandiera verde alla testa del corteo? La speranza, a differenza dell'ottimismo, può trarre forza dalla sconfitta: in quanto energia interiore, spinta a realizzare il futuro, non si lascia abbattere dalle difficoltà, neppure dalla morte imminente. In questo senso mi pare di poter cogliere in Korczak, quella che Erik Erikson chiama generatività, l'assunzione del compito generazionale di coltivare forza in chi viene dopo. Il senso profondo della paternità rimane comunque primario in chi, come Korczak, per libera scelta non diviene genitore ma mantiene vivo in sé il sentimento della responsabilità parentale. Per questo la generatività deve intendersi come una figura della speranza in quanto esprime la volontà di uscire dal cerchio del presente e di aprirsi al futuro per generare qualcosa di nuovo: più mature condizioni di esistenza e più profondi legami con la vita.» 
Lu
isella Battaglia, "Introduzione", in ©"Quaderni di Palazzo Serra" 24 , op. cit., pp. 4-5.




Scegliere di pubblicare, di proporre ai bambini una lettura condivisa come potrà essere quella di L'ultimo viaggio in occasione anche dell'imminente ricorrenza del Giorno della Memoria, ha molto a che fare con questa figura della speranza chiamata generatività e con una chiara assunzione di responsabilità educativa nei confronti del farsi dell'infanzia: l'esserci oltre la presenza, il fare oltre al dire, il mettersi in gioco in prima persona, invece di, in qualche modo seppur più cauto e sottile anche oggi, ordinare.

La scelta della cover dell'edizione originale italiana, diviene allora quella di proporre un manifesto di questo pensiero e insieme quello di ogni Repubblica nata o in procinto di nascere in nome dei bambini. Un manifesto di protesta indefessa e costruttiva, silenziosa e fattiva, quella che in fondo riesce a cambiare le cose. Muovendosi, insieme.



Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015


Szymek, poco più che adolescente, tiene stretta la mano del piccolo Mietek, in quel freddo giorno di novembre del 1940 scelto da Iréne-Cohen Janca per dare inizio al racconto de L'ultimo viaggio.

Se saprà prendersi cura di Mietek, Szymek riceverà la cartolina della assistenza, una delle cartoline che distribuisce perché "non ci si dimentichi delle nostre azioni, di quelle buone ma anche di quelle cattive". 



Ce ne sono di diverse, come la cartolina dei fiori data 
per aver sbucciato un sacco di patate, 
o la cartolina dell'inverno per essersi alzati presto, 
o ancora la cartolina della tigre per aver litigato, 
infine la cartolina nontiscordardimé per quelli che lasciano l'orfanotrofio.


Insieme con i loro compagni dell’orfanotrofio - mesti, ma la testa alta e una canzone sulle labbra - stanno attraversando le strade di Varsavia per raggiungere l’altra parte, il ghetto.



È lo stesso Paese – la Polonia, è la stessa città – Varsavia, 
è vicinissima a via Krochmalna, 
tuttavia l'altra parte è come un Paese straniero.


Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015


Così hanno ordinato gli occupanti tedeschi. A guidare quella comunità, come sempre, Pan Doktor, con l'inseparabile Pani Stefa al fianco e gli altri educatori.


Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015



Non la fame, né le malattie, e neppure le sadiche angherie naziste riescono a intaccare i principii e le pratiche della loro convivenza. Nel prendersi cura di Mietek, Szymek gli racconta della Repubblica dei bambini, con tanto di Parlamento, Codici, Tribunale. E poi del giornale murale, delle sedute di lettura, delle rappresentazioni teatrali, delle vacanze alla colonia estiva… 


Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015


Racconta Szymek al piccolo Mietek, realizzando mentre dice delle loro estati, "che forse non vedrà mai un puledro alzarsi sulle sue fragili zampe, non conoscerà né la fresca acqua né il salto degli scoiattoli tra i rami", che Pan Doktor li capisce "come se non avesse mai dimenticato nulla di quando anche lui era bambino".

Non ha dimenticato, Korczak, quale fatica sia essere compreso per un bambino, quale universo altro egli abiti - fatto di pensieri, passioni, esperienze, sentimenti - che ha bisogno di essere esplorato, ascoltato e rispettato. Sa, Pan Doktor, che ciascun bambino ha bisogno di uno spazio per sé dove poter respirare, ridere e piangere senza essere giudicato. Dove essere visto, per la prima volta, ed accolto nella sua unicità.

Sa, sopra ogni cosa e più di ogni altro, il Vecchio Dottore, che gli adulti non conoscono i bambini e che perché questa conoscenza avvenga c'è bisogno di dedizione e di tempo, di umiltà e delicatezza nell'avvicinarli, per non dare mai niente per scontato, per sconfiggere ogni pretestuosa arroganza, per non ferirli. E quale e quanto duro lavoro, richieda questo incontro.


«Nessuno dirà mai ad un adulto «Vattene», ma a un bambino lo si dice spesso. 
Quando un adulto si dà da fare il bambino sta fra i piedi, l’adulto scherza e il bambino buffoneggia, l’adulto piange e il bambino frigna e piagnucola, l’adulto è vivace e il bambino irrequieto, l’adulto è triste e il bambino ingrugnato, l’adulto è distratto e il bambino tonto, sciocco. L’adulto è sovrappensiero, il bambino inebetito. L’adulto fa qualcosa con lentezza, il bambino perde tempo. Sono solo modi di dire scherzosi, ma quanto poco delicati. Un bimbetto, un marmocchio, un moccioso, un monello: e questo persino quando non è arrabbiato, quando vuole essere buono.
 Che farci, ci siamo abituati, ma a volte questo disprezzo dispiace e irrita.»

Janusz Korczak -


Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015


L'ultimo viaggio racconta di questo e di molto altro, degli ultimi anni di vita di questo indimenticabile dottore, della sua Repubblica, dei sui bambini. Della forza e dell'attualità del suo impegno pedagogico. Ma soprattutto, nel non sottrarsi come avrebbe potuto più volte fare dalla responsabilità portata fino alle estreme conseguenze di quel gesto finale, della grandezza dell'uomo chiamato Janusz Korczak.

Credo che per Irène Cohen-Janca, non sia stato semplice riuscire a mantenersi in perfetto equilibrio tra storia, evocazioni emotive, disperazione e rabbia, tra tutto ciò che di grande e doloroso racconta la storia di Korczak. E riuscire a farlo in un libro di letteratura per l'infanzia deve essere stata un'impresa non di poco conto che, senza dubbio, Iréne ha vinto. Ora questo "ultimo viaggio" è destinato a continuare nelle mani di molti bambini e ragazzi che potranno provare come ci sentiva a fare parte della casa di Krochmalna e toccare con mano quello che a fatica noi adulti riusciamo ancora oggi a dire loro: che era un preciso piano dei nazisti sterminare i bambini ebrei, quale significo possa avere, ma anche quali vette possa raggiungere, l'impegno di chi ha dedicato la propria vita all'amore e al rispetto dei bambini.

Potranno i bambini di oggi, e noi con loro, entrare in questa grande e tragica Storia, con le immagini, ancora una volta perfette, di Maurizio A. C. Quarello, tavole pittoriche destinate a fissarsi nella mente e nei cuori dei lettori dove diverranno i primi segni dei passi di una visione che continuerà a dire, a denunciare, a mostrare elevando ogni tratto, ogni fatto a consistenza poetica. A divenire elementi indelebili di un'estetica e, infine, un'etica del vivere che li vedrà cambiati e più ricchi di pensieri, sentimenti e attenzioni, forse più umani tra gli umani.



Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015


«Rispetto per l’ora, per il giorno attuale. 
Che domani avrà, se oggi non lo lasciamo vivere in maniera cosciente, responsabile? 
Non calpestare, non maltrattare, non cedere alla schiavitù del domani, 
non estinguere, non far fretta, non correre.»

Janusz Korczak -


Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello,
L'ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini,
traduzione di Paolo Cesari,
Orecchio acerbo, Roma, 2015

***

Un foglio dal diario di una Aktion


Janusz Korczak oggi ho veduto,
Nell’ultima marcia andare coi bambini,
E i bambini avevano vestiti puliti,
Come andassero di domenica al giardino.

Avevano grembiulini puliti, da festa,
Che ora potranno sporcare,
A file di cinque va l’Orfanotrofio,
Per la città-giungla di gente braccata.

La città aveva il viso atterrito,
Un gigante bizzarro, nudo e stracciato,
Finestre vuote guardavano la strada,
Come orbite di sguardo private.

A volte un urlo, come un uccello smarrito,
Suonava a martello per la morte insensata,
Trainati sui risciò giravano apatici
Del nostro ghetto i signori e padroni.

Scalpiccio a volte, calpestio, poi silenzio,
Qualcuno parlava camminando di fretta,
Atterrita e silenziosa, in preghiera
In via Leszno si innalzava la chiesa.

In fila per cinque marciavano calmi i bambini,
Erano orfani: nessuno accorreva per riportarli a casa,
Nessuno infilava una mancia
in mano ai colleghi dalle divise blu scuro.

Sulla Umschlagplatz nessuno interveniva,
Nell’orecchio di Szmerling nessuno alitava,
Nessuno gli orologi di famiglia raccoglieva
Come compenso al lèttone ubriaco.

Janusz Korczak guidava la marcia
A testa nuda, gli occhi senza paura,
A una sua tasca si aggrappava un bambino,
In braccio portava lui due piccolini.

Giunse un tale di corsa, con un foglio in mano,
Parlava e gridava nervoso:
-- Venga via! -- Ho una lettera da Brandt!
Korczak scuoteva la testa, silenzioso.

Cosa doveva stare ancora a spiegare
A chi arrivava con la grazia tedesca,
come far capire a teste senz’anima
cosa significa lasciar solo un bambino.

Tutti quegli anni… una vita ostinata,
Per dare in mano a un bimbo un piccolo sole.
Potrebbe forse lasciarli ora, soli, spaventati?
Andrà con loro… avanti… senza timore.

Al re Matteuccio anche pensava
Cui la sorte risparmiò quel destino,
Re Matteuccio nell’isola selvaggia
Avrebbe scelto lo stesso cammino.

E i bambini andavano ai vagoni
come partissero in gita a Lag Ba’Omer,
Quel piccolino dal viso spavaldo
Si sentiva come un piccolo Shomer.

E io pensai in quel momento banale
Per l’Europa privo d’ogni valore
Che lui per noi, in quel momento,
Scriveva della storia la pagina migliore.

Che in quella guerra ebraica, vergognosa,
nell’onta illimitata, nel fragore insensato,
nella lotta ad ogni costo per la vita,
nell’abisso del tradimento, del degrado,

Sul fronte, dove la morte non da’ onore
In quella danza notturna, infernale,
C’era un solo soldato valoroso:
Janusz Korczak, dei bambini il protettore.

Vicini al di là del muro, che dal reticolato
Ci osservate ogni giorno morire per niente,
ascoltate: Janusz Korczak quel giorno ha mostrato

la Westerplatte della nostra gente.

- Władysław Szlengel (1914-1943) - 
il cantore del ghetto di Varsavia


***


Per l'uscita del libro sono programmati eventi a Roma, Genova, Bologna, Milano, Firenze che prevederanno la partecipazione degli autori, degli editori e di studiosi.

In collaborazione con l'Istituto Polacco di Roma, l'Ambassade de France, la Comunità Ebraica Italiana e l'Università di Genova. Le prime iniziative:



Roma - dal 23 al 25 gennaio -
 Mostra delle tavole originali di Maurizio A.C. Quarello 

Galleria Tricromia, via della Barchetta 13 
presentazione: domenica 25 gennaio ore 11.00


Roma - 2 febbraio ore 19.00 -
Serata Korczak

Istituto Polacco di Roma, v. Vittoria Colonna 1 
Intervengono: Ilana Bahbout, Luisella Battaglia, Goffredo Fofi, 
Laura Quercioli Mincer, Fausta Orecchio 


Venezia - 3 febbraio ore 17.00 -
L'ultimo viaggio

Museo Ebraico, Sestiere Cannaregio, 2902/b
Presentano il libro: Ilana Bahbout, Francesco M. Cataluccio e Paolo Cesari

Le tavole originali di Maurizio A.C. Quarello arriveranno al Museo Ebraico 
di Venezia i primi giorni di febbraio e lì rimarranno in mostra per un mese,
per raggiungere, poi, a marzo, il Museo Luzzati di Genova







***


«Chi vi racconta che si sacrifica per qualcuno o per qualche ideale 
non è che un gran bugiardo.
Io adoro i piccoli, ma non mi sacrifico affatto, non lo faccio per loro,
ma solamente per me: è proprio un bisogno mio.
Perciò non credete a chi parla di sacrificio, è un ipocrita.
Il vostro vecchio dottore vi saluta tutti.»


Nessun commento:

Posta un commento