mercoledì 19 ottobre 2011

PAOLO SORRENTINO: "THIS MUST BE THE PLACE È UN APPUNTAMENTO CON LA MIA ADOLESCENZA"

Lo so, è uscito solo da qualche giorno nelle sale italiane e, mi direte, c'è tempo... certo, ma non dovete assolutamente perdervi This Must Be The Place, l'ultimo film di Paolo Sorrentino (2001 L'uomo in più, 2004 Le conseguenze d'amore, 2006 L'amico di famiglia, 2008 Il Divo). 


Alla 64° edizione del Festival di Cannes, il film si è aggiudicato il Premio della giuria ecumenica, avrebbe certo meritato di più ma i francesi lo hanno accolto con meno calore rispetto a Il Divo che si aggiudicò l'ambito Premio della Giuria
La stampa internazionale, invece, lo ha inserito nel pantheon dei film cult "degno dei migliori road-movie, tra i quali quelli di Lynch e Tarantino", nelle parole dei critici di Variety. E un road-movie This Must Be The Place lo è davvero, un viaggio che parte da Dublino approda in America, riparte da New York, attraversa il New Mexico, arriva sino allo Utah e ritorna  (oltre i road-movie citati metterei anche Paris, Texas di Wenders... non a caso nel film c'è un cameo di Harry Dean Stanton, il Travis del film del regista tedesco) ma il film è questo e molto altro nelle parole del regista:
Questo film in realtà è un intreccio di vari temi. Innanzitutto, è una specie di appuntamento con la mia adolescenza. Ci sono dentro molte cose chi mi sono piaciute, che mi hanno fatto emozionare durante la mia adolescenza. E, quindi, se proprio devo rintracciare uno spirito unitario del film è questo: un appuntamento mio, personale, con la mia adolescenza fatta, come tutte le storie di tutti gli individui, di gioie e dolori ma anche di grandi emozioni, perché sono anni in cui le cose accadono spesso per la prima volta, quindi sono esplosive nel modo in cui un essere umano le percepisce. Poi il film è fondamentalmente anche un romanzo di formazione su un bambino di cinquant'anni. Questa era la cifra appassionante e divertente, quella di provare a fare un romanzo di formazione su un bambino che ha raggiunto la mezza età. Sullo sfondo, l'immane tragedia della Shoah. (fonte: TG1online Festival di Cannes 2011)

Il "bambino di mezz'età" in questione è Cheyenne, interpretato magistralmente da un Sean Penn ancora una volta in stato di grazia, una rockstar celebre negli anni ottanta leader del gruppo musicale dei Fellows


Sean Penn, intervista, Festival di Cannes 2011

Da diversi anni Cheyenne ha scelto di vivere, nella sua grande casa di Dublino con la compagna Jane (la fantastica Frances McDormad), una conquistata informale normalità lontano da quelle scene che continuano a richiamarlo. Un giorno viene informato che suo padre, con cui non ha contatti da tanti anni, sta morendo a New York. Nonostante la paura di volare, partirà per gli Stati Uniti. Da lì inizierà un improbabile viaggio alla ricerca di Aloise Lange, l'ufficiale nazista che suo padre incontrò nel campo di concentramento di Auschwitz durante la seconda guerra mondiale. 
Qui il trailer del film.


This Must Be the Place, trailer ufficiale 

Cheyenne, magico, tragico, divertente, un puro nella sua ingenuità, spiazzante, inafferrabile, un personaggio che rimarrà indimenticabile, è stato esteticamente ispirato al regista dalla figura di Robert Smith il leader de The Cure (non fermatevi al solo  riferimento a Robert Smith, andate a cercare notizie su di lui e a conoscere l'intero lavoro dei Cure perché è davvero notevole... a me è piaciuto, e piace ancora molto http://www.thecure.com/).
Trovo affascinante questa tipologia di persone che propone anche in un'età avanzata un look che si addice maggiormente, diciamo, alla fase dell'adolescenza che è quella tipica in cui si sperimentano questi tipi di trasformazione su se stessi. Sì, mi diverte molto e penso che questo sia anche scaturente di molto altro all'interno di un racconto cinematografico, di sicuro dei presupposti per una dimensione ironica nel film. (fonte: RaiNews24, Festival di Cannes 2011)
Cheyenne/Sean Penn in una scena del film

Il talento della regia di Paolo Sorrentino è scandito, come sempre, da una colonna sonora d'eccezione che diventa elemento fondante del racconto. Le musiche originali sono firmate da David Byrne che avete visto nel trailer messo più sopra mentre interpreta se stesso durante l'esecuzione di This Must Be The Place (Naive Melody), la canzone che ha ispirato il titolo del film inclusa nell'album del 1983 Speaking in Tongues dei Talking Heads, il gruppo rock d'avanguardia di cui Byrne fu leader dal 1974 al 1991. Poi tutto finì, ma non finì mai perché i Talking Heads (David Byrne, Jerry Harrison, Chris Frantz e Tina Weymouth) furono un indiscutibile gruppo seminale non solo per loro musica ma per il pensiero artistico globale di cui erano fondatori (nel film viene citata anche la cover degli Arcade Fire gruppo indie canadese per eccellenza degli ultimi anni, via anche questo da conoscere, per intenderci sono gli autori di Wake Up di Where The Wild Things Are di Spike Jonze http://www.arcadefire.com).

Paolo Sorrentino e David Byrne
Festival di Cannes 2011

Chi conosce i Talking Heads, nel film di Sorrentino ne ha colto l'evidente e dichiarato tributo al pensiero, a quell'atmosfera lì, al ricordo (Sorrentino è nato nel 1970... ha un anno in meno di me... e per fortuna anche e ancora per alcuni della nostra generazione i Talking Heads sono stati un gruppo di riferimento). 

Talking Heads
Per cui, a questo punto, non solo mi sento di consigliarvi la loro discografia completa, a partire da Talking Heads:77 (1977) a Naked (1988), gli album dal vivo da Talking Heads Live On Tour (1979) a Stop Making Sense (1984) ma anche il dvd Stop Making Sense girato da Jonathan Demm (uno dei documenti più importanti della storia del rock, sempre del 1984) e, per finire, il film True Stories. Poi continuate, senza indugio, a seguire il lavoro di David Byrne, soprattutto se siete i giovani lettori di questo blog http://www.davidbyrne.com/. Potrà piacervi, potrà non piacervi. Di sicuro incontrerete il pensiero di uno degli autori della cultura contemporanea più innovativa e densa di significato. Alcuni dicono, hanno sempre detto, che è troppo concettuale. Non fatevi fregare ragazzi, è solo un artista vero.


This Must Be The Place, Stop Making Sense [live],
regia Jonathan Demm, 1984


Alla fine di tutto, non riesco a esimermi da un ultimo consiglio. Paolo Sorrentino, per chi non l'avesse ancora letto, lo scorso anno ha scritto anche un libro, un bel libro. Se vi capiterà, leggetelo, sarà per voi un vero piacere.
  1. Paolo Sorrentino,
    Hanno tutti ragione,
    Feltrinelli, Milano 2010

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