lunedì 5 novembre 2012

LA SCUOLA DI ALEX CORLAZZOLI, UN BENE COMUNE CHE RESISTE E SI RINNOVA


Alex Corlazzoli, La scuola che resiste.
Storie di un maestro di Provincia,
Chiarelettere, Milano, 2012
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In un suggestivo e utile abstract composto di frasi significative prese dalle pagine del libro, messo sapientemente dall'editore nei fogli d'apertura, ci sono diversi pensieri che possono essere presi come una chiara guida alla lettura di ciò che andrà a raccontare in questo libro l'autore. 

Tre di questi rivestono il ruolo di "Pretesti":

PRETESTO 1
In fondo si tratta di ricordarsi che la vita in classe a sette anni è il prototipo di ciò che accade quando siamo grandi: tradimenti, ingiustizie, manifestazioni psicosomatiche, desiderio di soddisfazione professionale, di affetto.
Alex Corlazzoli, La scuola che resiste. Storie di un maestro di ProvinciaChiarelettere, Milano, 2012, pag. 38 
PRETESTO 2
Forse dovremmo riconquistare il ruolo del "maestro". Per troppo tempo siamo stati bistrattati, considerati degli operai della scuola, uomini e donne alla catena di montaggio dell'istruzione.
Alex Corlazzoli, idem, pag. 9 
PRETESTO 3
La legge non può essere qualcosa di lontano dai ragazzi. La democrazia non è solo quella parola che si studia in storia quando si parla dell'antica Grecia. Nelle mie classi proviamo a declinarla nel quotidiano.
Alex Corlazzoli, idem, pag. 71

E poi, in mezzo, tra un "pretesto" e l'altro, si scorge, una frase scritta, sempre sapientemente, con un carattere tipografico più grande degli altri:

I bambini sono i miei datori di lavoro 
Alex Corlazzoli, idem, pag. 14


Beh, se ti trovi a leggere tutto questo, un pomeriggio, in una libreria, e magari fai anche il nostro lavoro, è difficile pensare che tra i libri con cui andrai alla cassa non ci sarà La scuola che resiste. Storie di un maestro di Provincia. O magari non fai il nostro lavoro, i tuoi riferenti primi non sono i bambini, ma sei un adulto, che sta leggendo le stesse pagine sempre in libreria un pomeriggio, a cui la democrazia del nostro Paese, guarda un po', sta a cuore. Per una serie di correlazioni di senso, andrai alla cassa nella stessa condizione di quello descritto poco sopra.

A scrivere La Scuola che resiste è Alex Corlazzoli che, oltre a essere giornalista e scrittore, è maestro fatalmente precario. Alex ha operato come volontario in carcere per dieci anni e ha fondato il giornale «Uomini Liberi». Nel 2008 ha fondato l’associazione L’Aquilone che si occupa di integrazione di migranti e oggi collabora con «il Fatto Quotidiano», dove tiene anche seguitissimo blog, e «Altreconomia». Cura inoltre la rubrica «L’Intervallo» su Radio Popolare. Tra i libri che ha scritto: Ragazzi di Paolo (Ega, 2002), Riprendiamoci la scuola (Altreconomia, 2011) e L’eredità (Altreconomia 2012). 

Dopo un interessante scambio di mail, ho conosciuto Alex Corlazzoli a fine ottobre alla Libreria.coop Ambasciatori di Bologna dove, con Livio Romano (insegnante specialista di lingua inglese al II Circolo Didattico di Galatone e autore del libro Diario elementare, Fernandel, 2012 ... NdR presto ci sarà un post dedicato anche a questo di libri), teneva un incontro dal titolo “I bambini di oggi sono i cittadini di domani! Scene di vita quotidiana dalle scuole elementari d’Italia”.

Alex Corlazzoli e Livio Romano
Incontro alla Libreria.coop Ambasciatori
Bologna, 19 ottobre 2012

Partendo dal racconto del primo mese di scuola, entrando e uscendo dalle pagine dei loro libri, gli autori hanno raccontato, e condiviso con un vasto pubblico, la loro esperienza di insegnanti in una scuola, quella pubblica italiana, impoverita e umiliata da uno Stato che, da anni, non la rispetta più, che ha deciso di cancellare la sua storia migliore  e che, impantanato nello stagno di sterile e insensata burocrazia, dimostra di non conoscere l'importanza e il valore della vita dei suoi protagonisti, i bambini i genitori gli insegnanti, che chiede ascolto e attenzione.
Che Stato è quello che si comporta, ripetutamente, in questo modo? 
Se un comportamento è reiterato e proiettato chiaramente nella stessa direzione e nel tempo, se insomma diviene una costante, quale fine ha, quale disegno sta cercando di delineare, di portare a termine?
Se non la scuola, quali sedi sono dunque quelle dove si forma quella che crediamo essere la sostanza e la permanenza della democrazia? Quale Stato è quello che con manifesta noncuranza si permette di disattendere i fondamenti della propria Costituzione? (... non di meno quelli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia...?).

«L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato [...]». Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 33
Conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt'uno.
Non si possono amare creature segnate da leggi ingiuste e non volere leggi migliori.
Da Lettere a una professoressa, "La pressione dei poveri", Scuola di Barbiana, Libreria Editrice Fiorentina, 1996, pag. 93
«La scuole è aperta a tutti. L'istruzione inferiore impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto a raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie  e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 34

Alex Corlazzoli riparte proprio da qui, dalla storia che ha animato questo pensiero, guidato da interrogativi che ancora oggi, purtroppo, rinnovano l'urgenza di una risposta: la scuola è davvero aperta a ogni cittadino, senza distinzione? È davvero gratuita? Chi sono i capaci e i meritevoli di oggi?
Quando parliamo di bambini spesso coniughiamo i verbi al futuro: «Quando sarà grande», «Quando andrà a scuola», «Crescerà», «Imparerà», senza accorgerci che il bambino è qui e ora. È già grande. La sua scuola è la vita. Sta già sviluppandosi. Spesso siamo noi adulti che non sappiamo ascoltare i bambini, ma loro ci guardano. Scrutano ogni movimento, ogni nostro atteggiamento. Sanno quando siamo di luna buona. Sono i nostri giudici: non ci risparmiano critiche o, se è il caso, ammonizioni. Siamo noi a trattarli come «piccoli»: usiamo il termine «minori» ma loro non sono inferiori a nessuno. Alex Corlazzoli, idem, p. 7
Il maestro Corlazzoli sa che la coniugazione al futuro ha origine da un infinito che non può non contemplare un passato e un presente.
Ed è nell'incrocio di questi tempi che accoglie i suoi alunni, lì abitano "le sue piccole città", le aule dove di anno in anno il maestro costruisce un insolito programma scolastico con i suoi ragazzi. Sono loro infatti, con la loro storia, con loro domande a costruire insieme a lui il percorso che li guiderà alla conoscenza: la geografia si farà partendo da ciò che si conosce, la storia comprendendo e analizzando le urgenze della quotidianità sostenuti e vivificati dall'esercizio costante della memoria dei tempi dei luoghi delle persone, l'educazione estetica alimenterà il farsi di quella etica e le scienze si conosceranno a partire dalla consapevolezza di essere ospiti e attori del mondo, novelli eco cittadini.
Le radici degli insegnamenti che alimentano le giornate scolastiche di Alex si nutrono della fiducia riposta nella speculazione del pensiero che nasce dall'esperire in prima persona e in condivisione con l'altro. A tal fine, al fianco dei testi canonici, strumenti primi dell'educare del maestro, divengono la lettura del quotidiano in classe, della Costituzione e dell'agenda rossa di Paolo Borsellino rispondendo, con questo ultimo atto, con l'azione anticipata e reiterata, all'esortazione del magistrato quando chiedeva "Parlate della mafia. Parlatene sui giornali, alla radio, in televisione ma parlatene". 
Parlatene a scuola, prima di tutto.

Gli alunni di questo instancabile maestro sono educati prima a divenire cittadini responsabili capaci di farsi carico dei doveri e dei problemi della società e, dove e quando occorre, di manifestare la propria indignazione attraverso la protesta, capaci cioè di dichiarare pubblicamente la propria volontà. Di esprimere solennemente il proprio diritto contro chi l'offende.

Quello che propone Alex Corlazzoli, in comunione con il pensiero di Don Lorenzo Milani e di Mario Lodi tra gli altri, è un altro modello di scuola possibile, dove i protagonisti, insieme ai bambini, agli insegnanti e ai genitori sono tutti i cittadini. Una sorta di scuola-piazza dove i muri delle aule si fanno permeabili alla realtà, e i racconti e le visioni del vivere quotidiano della comunità entrano a incontrare i bambini i ragazzi.

La scuole che resiste diviene, dunque, anche, e per un insegnante, il racconto di un modello didattico innovativo con cui confrontarsi.
Da qui si può ripartire per porre le basi di un futuro migliore e per restituire il significato perduto alla prime parole che ci distinguono e uniscono, democrazia giustizia libertà.

C'è speranza, ancora oggi, se questo accade... in una scuola di provincia.


La scuola italiana, istruzione e precarietà
intervista ad Alex Corlazzoli

Il fine ultimo di ogni scuola è tirare su dei figlioli più grandi di lei, così grandi che la possano deridere. Solo allora la vita di quella scuola o di quel maestro ha raggiunto il compimento e nel mondo c'è progresso. 
Don Lorenzo Milani, Lettera scritta il 18 febbraio 1963 a Michele, uno dei primi studenti di Barbiana.

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