Émilie Vast, Storia di un albero, © Gallucci editore, Roma, 2012 |
Émilie Vast (1978 Epernay (FR) ) è graphic designer, fotografa e illustratrice. Ha studiato arte e fotografia per 5 anni all'ESAD di Reims. Dopo la laurea ha iniziato la sua esprienza di illustratrice da autodidatta. I suoi libri in Francia sono pubblicati da Editions MeMo, in Italia L'erbario. Alberi di latifoglie d'Europa (2010) e L'erbario. I fiori dei boschi (2011) da Salani. L’erbario. Alberi di latifoglie d'Europa, poi, ha ottenuto la menzione speciale al Bologna Ragazzi Award 2010 categoria non fiction. Storia di un albero è il suo primo titolo pubblicato dall'editore Gallucci (2012).
Aoi Kono, Il paese del melograno, © Corraini Editore, Mantova, 2012 |
A causa della guerra, a otto anni, si trasferisce con la madre e la sorella in un villaggio di pescatori a sud di Tokyo e, dovendo cambiare spesso abitazione, frequenta le scuole in luoghi diversi. Nel 1946 torna
suo padre Takashi, partito per la guerra come giornalista nel 1941, e finalmente quattro anni dopo tutta la famiglia si trasferisce a Tokyo. Negli anni '50 Takashi Kono inizia la sua attività di grafico indipendente con uno studio in casa; Aoi cresce quindi in un ambiente movimentato e creativo che stimola il suo interesse per la grafica in particolare. Dopo il liceo artistico si diploma all'Università di Arte e Musica di Tokyo. Nel 1960, su consiglio del padre, parte per Stoccolma dove frequenta un corso di perfezionamento di grafica presso la scuola di arti e mestieri. Un anno dopo si trasferisce a Milano dove esegue numerosi disegni e illustrazioni per vari editori collaborando con Max Huber. Nel 1962 Aoi e Max si sposano. Nel 1970 si trasferiscono a Sagno, nel Canton Ticino, in Svizzera. Nel 1976 tiene la prima mostra personale di pittura e disegni a Zurigo. Seguono diverse mostre personali e collettive, in Svizzera, Italia, Germania, Giappone, Spagna e Polonia. Nello stesso tempo progetta disegni per tessuti, foulard, piastrelle, ceramiche, giocattoli, illustrazioni e tappeti. Aoi vive ancora oggi nel Canton Ticino, a Novazzano, dove continua il percorso artistico nel suo piccolo mondo, tra oriente e occidente con i suoi gatti e l'aiuto dei suoi numerosi amici. I suoi libri, Era inverno (1967) e Il grande pesce (1968), che uscirono per la Emme edizioni, ora si trovano nel catalogo delle Edizioni Corraini insieme a Il paese del melograno che uscì nel 1974 nella collana "Tantibambini" delle Edizioni Einaudi.
suo padre Takashi, partito per la guerra come giornalista nel 1941, e finalmente quattro anni dopo tutta la famiglia si trasferisce a Tokyo. Negli anni '50 Takashi Kono inizia la sua attività di grafico indipendente con uno studio in casa; Aoi cresce quindi in un ambiente movimentato e creativo che stimola il suo interesse per la grafica in particolare. Dopo il liceo artistico si diploma all'Università di Arte e Musica di Tokyo. Nel 1960, su consiglio del padre, parte per Stoccolma dove frequenta un corso di perfezionamento di grafica presso la scuola di arti e mestieri. Un anno dopo si trasferisce a Milano dove esegue numerosi disegni e illustrazioni per vari editori collaborando con Max Huber. Nel 1962 Aoi e Max si sposano. Nel 1970 si trasferiscono a Sagno, nel Canton Ticino, in Svizzera. Nel 1976 tiene la prima mostra personale di pittura e disegni a Zurigo. Seguono diverse mostre personali e collettive, in Svizzera, Italia, Germania, Giappone, Spagna e Polonia. Nello stesso tempo progetta disegni per tessuti, foulard, piastrelle, ceramiche, giocattoli, illustrazioni e tappeti. Aoi vive ancora oggi nel Canton Ticino, a Novazzano, dove continua il percorso artistico nel suo piccolo mondo, tra oriente e occidente con i suoi gatti e l'aiuto dei suoi numerosi amici. I suoi libri, Era inverno (1967) e Il grande pesce (1968), che uscirono per la Emme edizioni, ora si trovano nel catalogo delle Edizioni Corraini insieme a Il paese del melograno che uscì nel 1974 nella collana "Tantibambini" delle Edizioni Einaudi.
LA DANZA DELLA NEVE
Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando,la neve
Cade.
Danza la falda bianca
nell'ampio ciel scherzosa,
Poi sul terren si posa
Stanca.
In mille immote forme
sui tetti e sui camini,
sui cippi e sui giardini
Dorme.
Tutto d'intorno è pace;
chiuso in oblio profondo,
indifferente il mondo
tace.
Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando,la neve
Cade.
Danza la falda bianca
nell'ampio ciel scherzosa,
Poi sul terren si posa
Stanca.
In mille immote forme
sui tetti e sui camini,
sui cippi e sui giardini
Dorme.
Tutto d'intorno è pace;
chiuso in oblio profondo,
indifferente il mondo
tace.
(Ada Negri)
Questa è la mia poesia dell'inverno.
Dalla scuola elementare, quando la maestra Emily ce la fece imparare, non l'ho più dimenticata. Non credo, allora, di aver capito esattamente che cosa fosse quell'"oblio profondo" ma era lì, posizionato in mezzo alle parole "pace" e "tace", e ne avvertivo la consistenza fatta di intensità e impossibilità di dirlo altrimenti. Non so se capita anche a voi, ma io quando ancora oggi incontro il termine oblio, non so quale possa essere il vostro corrispettivo, sembra che nel silenzio della mia mente venga pronunciata la parola del mondo: pausa parola pausa, cado nell'enfatico per quel dire che era ancora troppo grande per me, ma già mi piaceva.
Dovete sapere, digressione uno, che sono ferrea sostenitrice dell'uso e dell'ascolto di parole sconosciute da farsi rotolare sulla punta della lingua, nelle orecchie e nei risvolti della mente per assaporarne prima il senso, anche impreciso ma musicale, del significato.
Poi una volta, credo in terza elementare, seconda digressione, in una mattina di neve fui chiamata alla cattedra a recitare la poesia assegnata il giorno prima. Per via di certi "alàri" che io non seppi dire cosa fossero causa giochi sfrenati fino a metà gamba nel manto bianco del pomeriggio antecedente, feci una figura a dir poco barbina di quelle che ti ricordi per tutta la vita. Alla domanda, appunto, sul significato di questo termine per me lontano, io che sì e no avevo guardato la poesia prima di quel momento (e che poi a leggerla bene non sarebbe stato così difficile arrivarci), prima di arrendermi all'evidenza sciorinai una serie di significati da fare impallidire la maestra, che poi divenne rosso fuoco in concomitanza alla mia vigorosa mandata al posto dove rimasi per il resto della mattinata.
Se mi dite la parola "alàri" mi vedete ancora trasalire e un po' ridere.
Dai che vi scrivo anche questa di poesie, andiamo avanti di un mese ma sempre di inverno si tratta e io, mica me la posso dimenticare.
GENNAIO
Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte, più intense.
Rintoccano l'ore. Ne viene
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto di un ciocco
che in lampi e faville, rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno là fuori s'accresce,
diviene sempiterno, infinito.
(Rainer Maria Rilke)
Anche con "sempiterno" non me la sarei cavata bene, a dire la verità, infatti corsa a casa andai sul dizionario a vedere entrambi, in caso di ritorsioni della maestra. Non ridete ora ma il mio dizionario si chiamava "Il tesoretto della lingua italiana" e ricordo che era da trattare come una reliquia, custodita da un doppio strato di copertina di cellophane. Era il primo dizionario che possedevo e non c'era niente da scherzare in merito perché lì risiedeva molta della mia autonomia e credibilità linguistica: quando dicevo "c'è scritto nel dizionario" un alone di potere mi ovattava e proteggeva dall'essere mandata ripetutamente a quel paese per la mia intemperanza linguistica nel portare alle estreme conseguenze la forma dialogica, abilità acquisita sul campo dell'esperienza di qualsiasi bambina vivace che si trova doppiamente a giustificare opere e omissioni quotidiane.
Alle stagioni fredde si addice la poesia più che alle altre, almeno a me sembra che sia così perché la terra che mi ha accolta è fatta di freddo e soprattutto di nebbia nei mesi finali dell'anno e la nebbia, si sa, è una condizione di smarrimento che sposta gli animi da qualche parte dove c'è sempre un canto silenzioso pronto ad accoglierli.
Per questo ho scelto Storia di un albero e Il paese del melograno due libri altamente poetici nel raccontare le stagioni, quindi l'inverno, che trovo anche particolarmente legati per pensiero estetico delle autrici, se non pienamente in questo caso, per sicura rappresentazione iconografica (rif. post di Gavroche dove si parla anche del libro Era inverno di Aoi Huber-Kono ).
CRESCE
Émilie Vast, Storia di un albero, Gallucci Editore, Roma, 2012 |
In Storia di un albero, libro d'artista a quattro colori bianco nero grigio e arancione, Emilie Vast eleva lo stile innovativo usato nei suoi erbari di riminescenza scientifica, tra l'Art Nouveau e il Giapponismo (come definì la sua prima opera nel 2010 la giuria del BolognaRagazzi Award) a forma puramente evocativa.
ACCOGLIE
Quello che ne esce è un silent book, sono solo otto verbi quelli utilizzati in queste pagine come parole, di un rigore, una sintesi e una precisione di segno e di pensiero assoluti.
UNISCE
Émilie Vast, Storia di un albero, © Gallucci Editore, Roma, 2012 |
In un insolito formato verticale Emilie Vast propone un imagier della natura scandito dal un ritmo delle stagioni e dei cicli della vita, una storia di storie di alberi, monumenti di vita che, tra e sotto i loro rami, accolgono i giorni di cervi, scoiattoli, uccelli, volpi, conigli ...
Émilie Vast, Storia di un albero, Gallucci Editore, Roma, 2012 |
Le tavole di Storia di un albero sono pagine di quiete, che richiedono una profonda osservazione, un grado di ascolto vero e raffinato capace di mettersi in sintonia con una voce flebile, non ancora perduta, di un'antica verità, quella che ha accompagnato il farsi dell'uomo nella natura, una voce di rispetto, intelligente superiorità, logos e caos,
elegante armonia, di essenza e estetica al servizio di un ordine che, grazie alla costruzione che Emilie Vast fa della pagina, non è mai lineare, ma procede per balzi, premonizioni, intrusioni e dettagli di scoperte da fare seguendo le impronte di animali alla ricerca dei nomi di piante, di fiori, di frutta... Il tutto amplificato e reso ancor più realistico dai due spazi grafici del libro, il disegno di fondo della tavola fisso e l'altro in movimento, alternativo e complementare, che fanno sentire il lettore di questo meraviglioso albo un osservatore privilegiato di uno crescente spettacolo soltanto per sé dove la chiusura del sipario è soltanto il preludio di un'altra apertura.
ATTENDE
Il paese del melograno di Aoi Kono è stato pubblicato per la prima volta nel 1974, come numero 39 della collana “Tantibambini” curata da Bruno Munari che proponeva “Favole nuove, storie semplici ma fantastiche, alcune addirittura incredibili benché senza streghe, maghi e principi. Fiabe poco note o sconosciute di mamme e bambini di tutto il mondo”.
L'editore Corraini, presentando questo libro che finalmente torna in libreria, anche questo un favoloso regalo di Natale, scrive che la casa di Aoi Huber-Kono è attorniata da un grande giardino con tanti bambù e due alberi di melograno, uno fa solo fiori e l’altro invece regala anche tanta frutta. Quando si avvicina l’estate le piante si riempiono di fiori di un arancione vivace. Verso settembre, sui rami, i fiori si tramutano in frutti panciuti. D’inverno, quando la pianta si spoglia delle sue foglie e i frutti sono ormai caduti, Aoi tiene alcuni melograni secchi in una cesta: il suo gatto Sabato li usa come un gioco e così, assieme, scacciano la malinconia in attesa della prossima estate…
Aoi Kono, Il paese del melograno, © Corraini Editore, Mantova, 2012 |
Non sappiamo se questa storia che racconta l'editore sia vera, ma è bello pensarla così, per godere appieno della semplicità di questo piccolo libro di Aoi Huber-Kono che è uno di quei piccoli gioelli, una specie di carillon, di cui si intuisce la straordinarietà ma non il segreto del meccanismo che gli permette di compiere ancora l'incanto del suo giro dopo quasi quarant'anni.
Nel paese del melograno si prepara una gran festa, ma improvvisamente arriva l’inverno con la sua neve, e… Il melograno è uno dei frutti più enigmatici della nostra tradizione. Brutto ma bello, buono ma strano, non è a fette non è spicchi ma a strani chicchi, gocce di un succo insolito che si conquistano e gustano con lentezza.
Il paese del racconto di Aoi Huber-Kono è racchiuso tra due colline e il suo tempo è scandito dal ritmo vitale di questa pianta, il melograno appunto, che fiorisce in piena estate, matura in autunno e attende l'inverno per prepararsi a riproporre lo stesso calendario la prossima primavera.
L'autunno è la stagione speciale...
Nella piazzetta si sta preparando la grande festa del melograno: torte di melograno, gelati di melograno, sciroppo di melograno, pasticci di melograno, caramelle di melograno, insalata di melograno, spremute di melograno... © Aoi Kono, op. cit, 2012.
Aoi Kono, Il paese del melograno, © Corraini Editore, Mantova, 2012 |
Ma l'autunno finisce e arriva improvviso l'inverno... © Aoi Kono, op. cit., 2012.
Aoi Kono, Il paese del melograno, © Corraini Editore, Mantova, 2012 |
Il tempo di attesa della natura che prepara il compimento della rinascita, l'inverno che con il suo manto bianco protegge e alimenta la futura esplosione di colori dei frutti e dietro tutto questo, nel dipinto di Aoi Kono, si percepisce il moto di un'umanità silente ma operosa, perfettamente integrata tra le pennellate della vita di questo paese sospeso tra le colline, tra cielo e terra. Aoi Kono dissemina tracce di una convivenza armoniosa, pacificata, la scelta degli stessi colori per raccontare e definire il tutto è magistrale in questo senso, le pagine che ne escono sono dense di emozioni.
È vero che era il 1974 quando dipinse questo libro. Ma la verità della poesia non ha tempo.
Aoi Kono, Il paese del melograno, © Corraini Editore, Mantova, "012 |
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