domenica 9 dicembre 2012

L'AVVENTO DEI LIBRI. GIORNO 9


«Le Fiabe mi stavano in mente come un seme,
ci voleva soltanto un soffio di vento,
un raggio di sole, una goccia d'erba amara,
ed esse sbocciavano».
- HANS  CHRISTIAN ANDERSEN - 


Hans Christian Andersen,
Fiabe e storie. Edizione integrale,
traduzione e cura Bruno Berni,
© Feltrinelli, Milano, 2012
Uscita nel 2001 per mano della Donzelli Editore, questa fondamentale raccolta di Fiabe e storie di Hans Christian Andersen (qui in Gavroche) proposte in edizione integrale tradotta a curata da Bruno Berni e con l'introduzione di Vincenzo Cerami, viene ora ripubblicata nella collana "I Classici" dell'Universale Economica Feltrinelli. Questa raccolta ha il merito, tra gli altri, di aver fatto conoscere per la prima volta al lettore italiano, il corpus completo delle 156 fiabe e storie dello scrittore di Odense con una cura meticolosa e appassionata, in una traduzione omogenea e integrale, condotta da Berni sull'edizione danese.
Le pagine del libro sono arricchite dalle illustrazioni in bianco e nero di Vilhelm Pedersen e Lorenz Frølich.









Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012
Nato a Rouen 14 giugno 1935, Georges Lemoine si trasferisce a Parigi con i suoi genitori nel 1946. Nel 1955, dopo aver frequentato il Centre d’Apprentissage de Dessin D’Art Graphique, inizia la sua attività professionale nell'ambito della stampa e della pubblicità. Durante il servizio militare a Rabat, in Marocco, si iscrive all'Ecole des Beaux-Arts della città. Nel 1963, incontra il suo "Maestro", il tipografo Marcel Janco e nel 1970 l'editore Robert Delpire con cui lavorerà nella sua agenzia di pubblicità. Il suo primo libro per bambini, Little Lord Blink and his castle gli viene commissionato da Etienne Delessert per l'americana Good Book. Nel 1974, ha incontrato il progettista Massin e su sua richiesta esegue le sue prime copertine illustrate per la collezione "Folio" di Gallimard. Il 1975 è davvero un anno cruciale nella sua vita e segna l'inizio di una produzione abbondante di libri illustrati per bambini in collaborazione con Pierre Marchand di Gallimard Jeunesse. Nel 1980, gli è stato conferito il "Prix Honoré" a Parigi per la sua opera di graphic designer e illustratore. Tra i numerosi altri premi ricevuto c'è quello della la Fiera del Libro bambini Bologna nel 1988 per il libro Le Livre de la Création (Edizioni Centurion/Okapi).

I molteplici registri di scrittura compresi in quelle che noi chiamiamo, per semplificare, le fiabe di Hans Christian Andersen (1805 - 1875) costituiscono un insieme che per forza e ampiezza di diffusione non ha eguali nell’ambito delle culture occidentali. 
Nel comporle, Andersen fece ricorso alla tradizione popolare in modo del tutto diverso dai Grimm, da Perrault, da Basile per dire alcuni dei suoi precursori. Egli attinse dal corredo di storie che derivavano sì dal terreno popolare ma che erano entrate nella sua casa attraverso i racconti del padre, che dunque ora lo soccorrevano filtrati dalla nebbia del ricordo. Queste poi rivestono solo una minima parte della sua opera, che fu pubblicata in danese fra il 1835 e il 1874, che si distingue per appartenere agli scritti d'autore, la fiaba d'autore nasce con lui. 
Le sue fiabe sono scritte con la parola profonda dell'anima danese, quella filosofia popolana che si chiama "lune" che, nelle parole di Knud Ferlov che accompagnavano la prima raccolta einaudiana del 1956 «è un complesso di bonarietà, di modestia, di allegria, di monelleria, d'ingenua fierezza popolana, di serenità nelle sorti avverse, caratteristico di quel piccolo paese di pianura, senza profili pronunciati, dove il colore quasi non esiste, ma dominano le sfumature».

Le fiabe di Andersen sono "fiabe portatrici di pensiero" in questo senso, come mette in evidenza Vincenzo Cerami nell’introduzione al volume,  egli  «cambia radicalmente la prospettiva della fiaba». Egli dà vita alla fiaba contemporanea, nata dall'incontro tra uno scrittore, il suo mondo e l'infanzia, nelle parole di Gianni Rodari nella presentazione sempre a un edizione einaudiana ma del 1970, «nella quale la fiaba tradizionale non agisce da modello (sono scomparsi i maghi, le fate, le streghe) ma solo da pretesto che si allontana. Andersen scopre nuove sorgenti del meraviglioso. [...] I ricordi, gli amici, le letture, i viaggi, i sentimenti e l'ideologia, gli uomini e gli animali, le letture e i viaggi, le sirene e gli imperatori, l'ago da rammendo e il solino, il bucaneve e il cardo, il suo tempo e gli oggetti della vita quotidiana sono soltanto la materia prima cui la fantasia impone le sue leggi e insieme una metamorfosi completa, senza residui». 
Ne deriva una conseguenza solo apparentemente paradossale: quelle di Andersen sono – anche, e forse soprattutto fiabe e storie per grandi prima che per bambini. Meglio storie che parlano agli adulti che i bambini hanno dietro le spalle. È lo stesso autore a rivendicarlo con forza: «le mie fiabe sono più per gli adulti che per i bambini, che possono solo comprendere le cornici, gli ornamenti. Soltanto un adulto maturo può vedere e percepire i contenuti. La semplicità è solo una parte delle mie fiabe, il resto ha un sapore piccante». 

Un esempio di questo si trova a pagina 152 di Fiabe e storie dove si può leggere Il principe malvagio (Una leggenda) protagonista anche dell'interpretazione di Georges Lemoine pubblicata nel 1995 dall'americana The Creative Company con il titolo The Wiked Prince e ora arrivata in Italia, con la traduzione, e io direi anche l'adattamento, di Elena Battista e Francesca Nasi, nei tipi della Gallucci.

C'era una volta un principe malvagio e arrogante. Egli pensava solo a conquistare il mondo e a terrorizzare tutti con il proprio nome, mettendo a ferro e fuoco ogni cosa. I soldati calpestavano i campi di grano e incendiavano le case dei contadini. Alte fiamme avvolgevano alberi e lasciavano sui rami neri e bruciati solo i frutti.
Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012

Molte misere madri con i loro bambini nudi attaccati al seno, si nascondevano dietro alle rovine fumanti. I soldati si divertivano a scovarle e scatenavano sulle donne e sui piccoli il loro gioco diabolico. © Gallucci, op. cit., Roma, 2012. 
Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012

Guardate la meraviglia del contrappunto che, ovviamente oltre all'interpretazione, le illustrazioni a matita pastello e acquerello di Lemoine fanno alle scenario che ha tratteggiato Andersen.

E ancora... 
I demoni dell'inferno non avrebbero potuto fare di peggio. Ma al principe tutto ciò piaceva: giorno dopo giorno il suo potere cresceva e il suo nome era sempre più temuto. Perfino la buona sorte lo accompagnava. Per la sua gioia. © idem

Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012

Cosa state pensando... alla particolare attualità di questo racconto? Ci siete molto vicino ma forse non è solo così. Aspettate...

Sentite ancora questa parte...

Il principe depredava le città sottomesse di oro e grandi tesori. Che accumulava nella sua capitale. Nessuno aveva mai visto tante ricchezze tutte insieme in un solo luogo.  
Fece costruire palazzi, templi e archi. Chiunque vedesse quello splendore esclamava «Che gran principe!». Senza pensare a tutte le terre devastate, senza sentire le grida e i gemiti che echeggiavano nelle città rase al suolo. © idem
Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012

Io mi fermo qui, ma la leggenda, che assomiglia quasi più a una parabola nel proseguire, è folgorante nella sua capacità di descrivere le derive della follia del potere e il suo fine ultimo, diabolico nella sua malvagità. Andersen non è leggero neanche con chi ammira quel potere convinto di essere baciato, in qualche modo vigliacco, dal raggio di quello splendore. La sua penna è intinta nel disprezzo e trova pace solo nel finale dove, il principe arrogante e superbo, sarà vinto da un pizzico di divina umiltà.

Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012

Come scrivevo pochi giorni fa nel post dedicato all'opera dei Grimm trovo, a proposito della fiaba, una speculazione inutile interrogarsi sul fatto che sia riservata in misura differente agli adulti o ai bambini. La necessità espressa, anche qui da Andersen, di indicare il mondo adulto come primo riferimento appare più in relazione con la ricerca di un riconoscimento letterario che renda giustizia del valore del componimento che alla convinzione di un'inutile esclusività. Una volti entrati nell'immaginario popolare, e grazie alla sedimentazione del tempo, questi racconti divengono così cristallini da poter essere narrati utilizzando diversi registri che tuttavia non scalfiscono minimamente la purezza della loro essenza. Questo succede ovviamente con la fiaba di origine popolare ma, nel caso di Andersen, anche con la fiaba d'autore.

La purezza dell'essenza, come dicevo, di questi racconti poi è ciò che abbaglia lo sguardo degli artisti che li hanno interpretati nel corso dei tempi. Le loro opere entrano pienamente nello studio filologico del genere, a mio avviso, perché sono i loro disegni, le loro figure, che cambiano il tempo e il riferimento delle parole fissandole in ciascun lettore una volta e per sempre come preziosi rimandi a cui ricorrere in urgenza di apparati simbolici.

In questo senso vedo le raccolte integrali dell'opera degli scrittori e le migliori interpretazioni visive, come questa di Georges Lemoine, dei loro singoli racconti, fortemente correlate e indispensabili le une alle altre. Un patrimonio a cui attingere per definire gli ambiti e le evoluzioni dell'immaginario ma, sopra ogni cosa, per comprendere quel catalogo dei destini che si danno a un uomo e una donna fin dalla più tenera età che aveva visto così bene Italo Calvino.

Hans Christian Andersen/Georges Lemoine,
Il Principe malvagio
traduzione E. Battista e F. Nasi
© Gallucci Editore, Roma, 2012

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